Testimonianza di Massimo Ciancimino al processo determinato dall'Operazione Gotha, tenuta presso l'aula bunker di via Filangeri a Milano per ragioni di sicurezza: "ho ricevuto più volte minacce e non vivo più nel capoluogo siciliano. ... ho ricevuto una lettera anonima con tre proiettili e le foto mia, del PM Di Matteo e del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, ai quali sto rendendo dichiarazioni. ... mi dicevano che non avrei avuto molta strada e che avrei incontrato altro tipo di proiettili".
Massimo Ciancimino parla a proposito di Giovanni Mercadante e Bernardo Provenzano. Suo padre, Vito Ciancimino, "che era agli arresti domiciliari a Roma, incontrò diverse volte Bernardo Provenzano che lo veniva a trovare a casa in via San Sebastianello". "Ricordo la presenza a casa mia di Provenzano, che mio padre chiamava 'ingegnere Lo Verde', fin da quando avevo nove anni ... Questi incontri riservati sono proseguiti fino a poco prima che mio padre morisse a Roma". "Mio padre si preoccupava di essere un elemento a rischio per Provenzano per via del fatto che era agli arresti domiciliari e poteva subire controlli. Ma nonostante ciò Provenzano arrivava a Roma". "Mio padre era certo che ci fosse uno pseudo-accordo che riguardava Provenzano sul suo modo tranquillo e libero di muoversi, in Italia e all'estero. Provenzano aveva quasi una missione, un ruolo ben preciso dopo le stragi, e mio padre era sicuro che la presa del timone di Cosa nostra da parte sua fosse la cosa migliore". "Ma vennero a casa anche Totò Riina, Franco Bonura, i fratelli o cugini Buscemi, Pino Lipari, Tommaso Cannella."
La moglie di Giovanni Mercadante, Agnese Saladino, ebbe una relazione con Enzo D'Amico, nipote di Pino Lipari, consulente finanziario di Bernardo Provenzano. Mercadante é invece nipote di Tommaso Cannella, capomafia di Prizzi e considerato un fedelissimo di Provenzano.
Cannella chiese perciò l'autorizzazione per uccidere il Lipari a Provenzano, che però ottenne con l'aiuto di Vito Ciancimino una mediazione col risultato che il Lipari fu condannato a tre anni di esilio in Brasile. "Mio padre decise che D'Amico doveva levarsi dalle palle. Poi ci fu una specie di indultino, gli anni furono ridotti a uno e mezzo".
Da notare che la trasferta milanese del processo ha rischiato di saltare perché é scaduto il contratto della cooperativa che curava la registrazione e trascrizione dell'udienza. Per superare il problema si é fatto ricorso alle registrazioni di radio radicale, che sta seguendo il processo.
Filmato de La 7 sulla notizia:
Fonti: agi, repubblica
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