Raffaele Cutolo e l'omicidio Tripodo

Il 16 ottobre 2007 la quarta sezione della corte di assise di Napoli ha pronunciato la sentenza contro Raffaele Cutolo, nato a Ottaviano il 10 dicembre 1941 imputato quale mandante dell'omicidio di Domenico Mico Tripodo avvenuto nel 1976 nel carcere di Poggioreale. Il reato é considerato aggravato da premeditazione e da motivi abietti di supremazia mafiosa. Il Cutolo é dichiarato colpevole e viene condannato all'ergastolo.

Ai tempi del fatto Cutolo era indicato come soggetto in formazione nell'ambito malavitoso.

Nel corso dell'udienza del 30 aprile 2007, Giacomo Ubaldo Lauro ha dichiarato che il Cutolo "é stato affiliato dai reggini ... Ciccio Canale, detto Gnuri ..., Vincenzo Mammoliti, Egidio Muraca"

Anche Gaetano Costa ha riferito dell'inserimento del Cutolo nella 'ndrangheta: "ha avuto il grado di santista, i referenti che l'hanno portato avanti ... Paolo Di Stefano, ... Egidio Muraca di San Biasi, ... Giuseppe Mammoliti".

Alla luce di ciò la corte ha ritenuto verosimile che il Cutolo a quei tempi si prestasse a fare "favori" per migliorare la propria collocazione nella società criminale. Tutte le fonti concordano nell'affermare che l'omicidio del Tripodo sia un "favore" del Cutolo a Paolo Di Stefano.

Pasquale D'Amico, indicato come braccio destro di Cutolo, dichiara che "i rapporti tra camorra e 'ndrangheta sono stati intensi almeno fino alla fine del 1982 ... Cutolo fece uccidere in carcere, a richiesta del De Stefano, Mico Tripodo ... da Agrippino Effice e da Salvatore Esposito che allora non erano ancora legalizzati."

Giuseppe Scriva, dell'omonima 'ndrina, ha sostanzialmente confermato la versione dei fatti, di cui sarebbe venuto a conoscenza direttamente dal Cutolo.

Carmine Alfieri sarebbe giunto alla conclusione che l'omicidio fosse stato commesso su ordine del Cutolo per ragionamento personale, essendo Effice ed Esposito vicini a Cutolo.

Grazie al racconto fatto da Giacomo Ubaldo Lauro si chiariscono anche i motivi dello scontro che ha portato all'omicidio. Avrebbe infatti appreso direttamente da Paolo De Stefano che il Cutolo era stato incaricato dell'omicidio. Il Lauro era tendenzialmente dalla parte del Tripodo ma, essendo la sua parte in fase perdente, si era atteggiato ad una formale equidistanza, seguendo lo schema classico dei conflitti mafiosi rappresentato dal detto "imbasciati iunco che cala la china".

Gaetano Costa ricorda infine come a metà degli anni ottanta il Mammoliti "disse che non poteva esprimersi contro Cutolo in quanto gli era riconoscente per quello che aveva fatto in ordine all'omicidio di Mico Tripodo".

Fonte: Camera Penale Irpina

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