Alfa e Beta: le indagini

Dal decreto di archiviazione del maggio 2002, redatto dal gip di Caltanissetta per le stragi Falcone e Borsellino nei confronti degli indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.

Le indagini su Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.

Si é cercata conferma alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia per quel che riguarda i rapporti o le connessioni di Silvio Berlusconi, Marcello Dell'Utri e persone ad essi collegate con la criminalità organizzata di tipo mafioso.

Una nota del 1994 dello SCO della Polizia di Stato evidenziava che nulla emergeva in relazione a Berlusconi, a proposito del quale veniva solo segnalato che era stato oggetto di investigazione per la sua appartenenza alla loggia massonica P2 e per i suoi accertati collegamenti con il faccendiere Flavio Carboni. Venivano viceversa evidenziati i rapporti dei fratelli Marcello e Alberto Dell'Utri con esponenti di cosa nostra siciliana, emersi nell’ambito di indagini per traffico di stupefacenti.

Successive investigazioni hanno accertato che Dell'Utri aveva rapporti con esponenti del mondo finanziario e politico (Aristide Gunnella e Bettino Craxi), ma anche con personaggi palermitani poi indagati per reati connessi con le attività di cosa nostra. Tra le figure che sarebbero collegabili ci sarebbero il commercialista Giuseppe Mandalari, Gaetano Cinà, poi coimputato con Dell'Utri in un procedimento a Palermo, e Vittorio Mangano.

La figura criminale di Vittorio Mangano é riconosciuta in numerosi procedimenti. Si cita come esempio un rapporto giudiziario del 1983, redatto dalle Criminalpol della Lombardia, del Lazio e della Sicilia, e dalla Questura di Roma a carico di Giuseppe Bono e altri 159 per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Qui Mangano veniva indicato come capo di un gruppo dedito al traffico di stupefacenti su scala nazionale, saldamente collegato alla mafia palermitana.

Marcello Dell'Utri ha ammesso di aver conosciuto Mangano, di avere avuto con lui rapporti ottimi, di averlo segnalato a Berlusconi perché fosse assunto alle sue dipendenze; ha aggiunto di sapere che Mangano continuò a frequentare la scuderia di Arcore anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Ha infine riferito di averlo incontrato ancora altre volte tra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90, perché dopo la sua scarcerazione Mangano di tanto in tanto andava a trovarlo a Milano.

Vittorio Mangano ha confermato le circostanze, affermando che nel 1973 Marcello Dell'Utri e Gaetano Cinà gli proposero il lavoro ad Arcore presso Berlusconi, indicatogli come amico di Dell'Utri, che aveva bisogno di un fattore. Ha dichiarato inoltre che durante la sua permanenza ad Arcore fu arrestato e, dopo essere stato scarcerato, vi fece rientro. Ha negato invece gli incontri successivi al 1990, ma in modo che é sembrato inattendibile agli inquirenti, sia per le risultanze dell'agenda di Dell'Utri, sia per le dichiarazioni stesse del Dell'Utri.

Da annotazioni del Dell'Utri risulterebbero confermati i contatti di questi con l'avvocato catanese XXX, sottoposto ad indagine dalla DDA di Catania per traffico d'armi [come da commento, l'avvocato stesso segnala che si tratta di un errore presente nel decreto di archiviazione - vedi link a piè di pagina - del quale dava atto il GIP dottor Tona emettendo un decreto in data 10/08/05, cancellandone il nome].

Si sarebbe poi trovati, su un'altra sua agenda, numeri di telefono riconducibili a Perrin Patrick, persona in contatto con Licio Gelli, implicato in una vicenda di esportazione clandestina di pesetas, e oggetto di ricerche internazionali per la rapina di un portavalori insieme a Francesco Mangion e Giuseppe Strano, esponenti dei Santapaola di Catania.

Dall'analisi del traffico telefonico, sarebbero stati trovati contatti tra il Dell'Utri e personaggi considerati vicini a cosa nostra, come Salvatore Scardina e Rosario Cattafi.

In una nota del 1999, la DIA ha evidenziato elementi di correlazione tra alcune delle società di interesse degli indagati in questo contesto ed altre società facenti capo a soggetti con ruoli di primo piano nei settori più fortemente condizionati dagli interessi e dalle direttive di cosa nostra; in particolare si fanno i nomi di Filippo Salamone, Giovanni Miccichè e Salvatore Simonetti, che pur non essendo imparentato con Giovanni e Domenico Simonetti, anch'essi originari di San Giuseppe Jato e noti per la loro vicinanza a cosa nostra e aver fatto da prestanome per Riina e Brusca, risultava essere stato cointeressato in diverse società insieme a Salamone e Miccichè e anche a Giovanni Gentile, legato a Vincenzo Virga, noto capomafia di Trapani.

Il Salamone, come dichiarato da Angelo Siino e Giovanni Brusca, e confermato da altre autorità competenti, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel patto del tavolino, in base al quale gli appalti in territorio siciliano venivano gestiti dallo stesso Salamone, da Antonino Buscemi (imprenditore vicino a Riina e titolare al 50% della Reale Costruzioni facente capo al gruppo Ferruzzi) e da Giovanni Bini (uomo di fiducia di Buscemi, quale rappresentante delle società facenti capo al gruppo Ferruzzi in Sicilia).

Vengono perciò considerate quantomeno non del tutto implausibili nè peregrine le ricostruzioni offerte dai diversi collaboratori di giustizia.

Inoltre altri soggetti comunque legati al gruppo Fininvest avevano intrattenuto rapporti di affari con personaggi di cosa nostra, si cita ad esempio Massimo Maria Berruti che, secondo Siino avrebbe fatto da intermediario con Berlusconi per una delle trattative di cui si é parlato.

Si conclude segnalando che non è stato possibile acquisire "elementi utili aventi carattere esaustivo" sui viaggi aerei effettuati da Marcello Dell'Utri tra Milano e Catania nel periodo in cui si sarebbe dovuto incontrare con referenti di cosa nostra.

Fonte: società civile

1 commento:

Unknown ha detto...

Segnalo che l'avv. Nino Papalia non è mai stato indagato in alcuna indagine. L'affermazione è altamente diffamatoria oltre che priva di fondamento poichè tra l'altro il GIP dott. Tona ha emesso un decreto in data 10/08/2005 nel quale dava atto dell'errore e cancellava il nome Avv. Nino Papalia.
Siamo a questo punto costretti adire Autorità Giudiziaria per risarcimento danni

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