Giunge finalmente al termine la lunga vicenda processuale della strage di viale Lazio a Palermo, uno dei più sanguinosi episodi della prima guerra di mafia risalente agli anni 60.
Condannati all'ergastolo Totò 'u curtu Riina, mandante, e Bernardo zu Binnu Provenzano, esecutore, che per l'efferatezza dimostrata nell'occasione assunse anche il soprannome di Binnu 'u tratturi. Tutti gli altri responsabili dell'atto criminale sono nel frattempo morti.
Essenziale per giungere alla definizione delle responsabilità il contributo dei collaboratori di giustizia Gaetano Grado e Antonino Calderone, che hanno vicendevolmente confermato le rispettive deposizioni.
Il 10 dicembre 1969 il gruppo di fuoco creato per l'occasione fece irruzione negli uffici dell'impresa edile Moncada, con l'obiettivo di uccidere Michele Cavataio, detto il cobra, boss dell'Acquasanta, considerato colpevole di non rispettare i limiti imposti dalla cupola mafiosa.
Fu Provenzano a finire il Cavataio. Avendolo tirato per i piedi da sotto un tavolo dove era andato a finire dopo la sparatoria, si accorse che era ancora vivo, fece per sparagli con la sua mitraglietta che però si inceppò. Al tempo stesso il Cavataio fece atto di sparargli, ma aveva finito le pallottole. Il Provenzano lo colpì con l'arma e a calci in testa, nel tentativo di stordirlo, infine estrasse una pistola e lo finì con quella.
Altre vittime furono Giovanni Domé, custode degli uffici, Francesco Tumminello, Salvatore Bevilacqua, e Calogero Bagarella, parte del gruppo di fuoco, fratello del boss corleonese Leoluca Luchino e cognato del Riina.
Fonte: ansa
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