Alfa e Beta: Angelo Siino

Dal decreto di archiviazione del maggio 2002, redatto dal gip di Caltanissetta per le stragi Falcone e Borsellino nei confronti degli indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.

Le dichiarazioni di Angelo Siino.

Secondo il collaboratore di giustizia Angelo Siino, l'avversione di cosa nostra nei confronti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino era condivisa da politici e imprenditori che erano in contatto o avevano interessi comuni con l'associazione criminale.

Siino ha riferito che alla fine degli anni '80 il gruppo Ferruzzi-Gardini aveva rilevato tutte le imprese di cosa nostra in Sicilia che avevano difficoltà economiche o che rischiavano il sequestro giudiziale. Nel 1987 cosa nostra avrebbe deciso di convogliare i propri voti verso il PSI in ragione dell'avvicinamento con quel gruppo imprenditoriale.

Siino sarebbe venuto a conoscenza per mezzo di colloqui con Giuseppe Pino Lipari, Giovanni Brusca, Salvo Lima, Ignazio Salvo e altri, che Claudio Martelli fosse considerato da cosa nostra come un traditore per il suo appoggio a Giovanni Falcone. Il trasferimento di Falcone agli uffici ministeriali era visto dai vertici di cosa nostra, come potenzialmente assai nocivo per gli interessi mafiosi.

Cosa nostra avrebbe voluto agganciare Bettino Craxi, al fine di usarlo contro Martelli e il gruppo di Andreotti, che avrebbe tradito le aspettative riguardo al maxiprocesso. Nino Gargano e Giuseppe Pippo/Piddu Madonia dissero a Siino: "Provenzano sta cercando di agganciare di nuovo Craxi! Se ci riusciamo...". Berlusconi sarebbe stato considerato un tramite per giungere a Craxi in seguito gli attentati alla Standa di Catania, avvenuti tra il 1990 e il 1991: "nel momento che il signor Berlusconi si veniva a lamentare: nuatri putivami... accussì videmu d’agganciari Craxi".

Siino avrebbe partecipato ad un incontro con Benedetto Nitto Santapaola, Eugenio Gallea, Vincenzo Aiello e Giovanni Brusca. Il Brusca, che negherà la circostanza, si sarebbe appartato con Santapaola e in seguito il Santapaola avrebbe riferito a Siino che Brusca gli aveva commissionato gli attentati alla Standa per stimolare un contatto con Craxi.

Siino riferisce inoltre di suoi colloqui con Antonino Gioè, sui nuovi assetti di cosa nostra. Gli disse che Leoluca Bagarella avrebbe dovuto incontrare Massimo Berruti, ex ufficiale della Guardia di Finanza che sarebbe stato in contatto con Totò Di Ganci (rappresentante della famiglia di Sciacca), per avviare dei contatti con Craxi.

Gioè avrebbe detto che Bagarella, che stava salendo nella gerarchia di cosa nostra dopo la cattura di Riina creando preoccupazioni anche a Bernardo Provenzano, pensava ad azioni dimostrative eclatanti, come danneggiare la Torre di Pisa. Il Bagarella si sarebbe mosso in accordo con i fratelli Graviano e mantenendo contatti e coperture con i servizi segreti. Berruti avrebbe indicato i possibili obiettivi dinamitardi al Bagarella, lo scopo sarebbe stato quello di favorire il movimento indipendentista siculo "Sicilia Libera" e indirizzare l'opinione pubblica verso la richiesta di un governo forte retto, direttamente o indirettamente, da Craxi.

Siino dichiara che avebbe appreso da Michele Camarda, considerato vicino a Gioè, che che le stragi del 1992 avevano avuto appoggi esterni e che cosa nostra era stata
"autorizzata" ad agire.

Il ruolo di Gioè, morto suicida in carcere, in cosa nostra e nella preparazione ed esecuzione della strategia stragista risulta anche dalle dichiarazioni di altri collaboratori e da elementi di prova esterni. I rapporti di Berruti con personaggi di cosa nostra, e in particolare con la famiglia di Sciacca, sarebbero comprovati da altre fonti.

Secondo Siino, Giovanni Brusca nel 1994 avrebbe dato inizialmente direttiva di sostenere elettoralmente "Sicilia Libera", per poi passare ad indicare "Forza Italia". Anche questa circostanza é stata negata da Brusca. Siino afferma che il Brusca negerebbe per il malanimo che avrebbe nei suoi confronti.

Fonte: società civile

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