Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra é noto col nome di Gotha, e si é concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata ai collaboratori di giustizia:
Antonino Giuffrè
Il suo contributo al processo Gotha riguarda in particolare i rapporti di Antonino Rotolo con Bernardo Provenzano, con riferimento ai soggetti che garantivano la latitanza di Provenzano e alle dinamiche interne di cosa nostra.
Come si legge nella sentenza del processo Grande Mandamento, il Giuffrè, arrestato il 16 aprile 2002, era ricercato in quanto condannato in via definitiva la sua partecipazione con funzioni direttive a cosa nostra e in quanto destinatario di numerosi provvedimenti restrittivi della libertà.
Inizialmente sarebbe stato un semplice gregario di Francesco Intile, ma ha fatto carriera per diventare infine capo del mandamento di Caccamo ed elemento di spicco di tutta cosa nostra.
Le intercettazioni delineavano il ruolo dal Giuffrè quale punto di riferimento decisionale per tutti i componenti delle famiglie mafiose operanti nella zona. Ciò lo ha portato a intrattenere significativi contatti assidui e personali con gli altri elementi di vertice dell'organizzazione. Già le prime valutazioni portavano ad accreditare il suo ruolo di capomafia e braccio operativo di Provenzano.
In una intercettazione si sentiva Giuseppe Lipari parlare di una riunione del vertice di cosa nostra, su argomenti di valore strategico, alla quale avevano partecipato, tra gli altri, lo stesso Lipari, Bernardo Provenzano, Benedetto Spera e il Giuffrè.
La collaborazione del Giuffrè é cominciata il 19 giugno 2002, e ha portato alla piena confessione di numerosi e gravissimi fatti, per molti dei quali non era neppure sottoposto a indagine e ha fornito preziosissime indicazioni sugli equilibri di vertice e le dinamiche di cosa nostra.
Le dichiarazioni rese da Antonino Giufrè sono state considerate nei procedimenti che hanno riguardato Salvatore Rinella, Giuseppe Guttadauro, i fratelli Francesco e Placido Pravatà, i fratelli Antonino e Saverio Maranto, i fratelli Domenico e Rodolfo Virga; lo stesso nel processo per l'omicidio dei fratelli Sceusa; e pure nel processo nei confronti di Pietro Aglieri ed altri.
Si conclude che le sue dichiarazioni sono considerate attendibili in elevatissimo grado.
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