Gotha: Francesco Campanella

Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra é noto col nome di Gotha, e si é concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata ai collaboratori di giustizia:

Francesco Campanella

Il suo contributo in questo processo riguarda in particolare i rapporti di Giovanni Nicchi e Antonino Rotolo con Nicola e Antonino Mandalà, con riferimento alla latitanza di Bernardo Provenzano, ai traffici di stupefacenti e alle dinamiche interne di cosa nostra.

Del Campanella si parla nella sentenza del processo Grande Mandamento, dove si dice che, incensurato, lavorava come bancario a Villabate, era titolare di una ditta individuale attiva nella promozione di servizi finanziari e collaborava con una ditta palermitana di servizi alle imprese. Le indagini lo avevano accreditato come referente dei Mandalà nel Comune di Villabate, ove era attivo dal 1994, fino ad assumere la carica di Presidente del Consiglio Comunale.

In numerose conversazioni tra il Campanella e Nicola Mandalà si evince come egli fosse uomo di fiducia dei Mandalà e come abbia agevolato gli appartenenti alla famiglia mafiosa nelle sue operazioni bancarie, arrivando anche a gestire indipendentemente i fondi della famiglia.

Il provvedimento di fermo che ha colpito nel gennaio 2005 ben 52 elementi accusati di associazione mafiosa non lo ha colpito, pur essendo tra i sottoposti ad indagine. Nel settembre si é presentato spontaneamente ai Carabinieri di Villabate dichiarando di essere disposto a collaborare in quanto temeva per la propria vita e quella dei suoi familiari.

"ma guardi, io la sera del 25 gennaio, che è la sera del blitz, ho ricevuto questa perquisizione e certamente è un fatto che mi ha scosso tantissimo (...) la cosa che mi ha colpito di più è anche la sofferenza e l'atteggiamento di mia moglie che, per dirne una, è stata per due mesi senza riuscire a dormire (...) È cominciata a crescere in me una volontà, diciamo, di rigetto rispetto a tutto questo mondo (...) comincio a non... a tagliare i ponti con tutta questa gente e con tutto questo mondo, perché da gennaio in poi io, per esempio, non frequento più nessuno di questi personaggi, Antonino Mandalà... qualcuno lo frequento, per motivi legati alla mia professione, perché venivano in banca, per esempio Mimmo Pitarresi ho continuato a frequentare, ma per ragioni di ordine... legate al mio lavoro. (...) due weekend prima del 25 gennaio, eravamo con Mandalà al casinò di Saint Vincent ed io notavo visibilmente che lui era preoccupato da qualche problema, sapeva perfettamente che di lì a poco lo avrebbero arrestato. Me lo disse e mi disse di non avere preoccupazioni, perché lui aveva pensato a sistemare tutto e che lasciava, comunque, suo padre a gestire e comandare, sicuramente nel territorio di Villabate e che, per qualsiasi problema, io mi sarei dovuto rivolgere a suo padre; cosa che io non ho fatto il 26 gennaio, per cui da lì comincia un minimo di... come dire, non saprei come chiamarla (...) Mimmo Pitarresi (...) ripetutamente mi chiede “come vanno le cose? Che succede con Enterprise? Chi è il tuo avvocato di fiducia? Perché non ti vedi con Nino?” (...) mi arriva il decreto di revoca del porto d'armi (...) per cui sono costretto ad andare in caserma, dal Maresciallo Caldareri, (...) in quegli anni, che vanno dal '94 in poi, lo avevo sempre visto come un nemico (...) chiedo scusa (...) comincio a raccontare alcuni fatti e da lì, poi, nasce l’interrogatorio di aprile. Però, diciamo che ancora il mio spirito di collaborazione non era assolutamente totale, (...) ci sono tutta una serie di incompletezze, di fatti non celati, di fatti raccontati male, di fatti anche di menzogne (...) perché comunque io avevo un atteggiamento un attimino di protezione e difesa (...) in me c'è anche (...) una crescita interiore, relativamente ad un rapporto anche con Dio, la morte del Papa, tutta una serie di cose che (...) mi portavano a vergognarmi di tutto quello che avevo fatto ed a considerare che avevo passato... avevo dedicato la mia intelligenza e la mia professionalità a favore della mafia e della politica corrotta (...) E comunque ad aprile non ci sono riuscito appieno, non ho avuto il coraggio di andare avanti, di dichiarare le mie colpe, di collaborare appieno (...) anche è cresciuta in me la consapevolezza di tutto quello che avevo fatto, soprattutto anche relativamente alle questioni della banca, i clienti, a tutta questa gente che continuava a venire e che io continuavo a prendere in giro, avendo adesso la consapevolezza che non avevo più dove andare, perché non avevo più né Mandalà che mi proteggeva da un lato (...) Antonino Mandalà ha fatto, praticamente, un minimo di teatro e di recita, dicendo che non sapeva nulla, ma le sue parole, sostanzialmente, sono state: “ma perché vieni ad aprile? Perché stai venendo adesso? Cosa vuoi da me? Da dove sei venuto, vattene, da dove vuoi prendere, prendi”; per cui anche se avessi voluto ritornare da loro, per essere aiutato, sostanzialmente, era una strada che non potevo percorrere più e quindi, oltre alle ansie, anche le paure, insomma, tutto questo è cresciuto. (...) venerdì nasce il primo vero grande problema, relativo ad uno dei clienti, che comincia ad avere diffidenza sulle carte e mi dice al telefono che sarebbe andato in banca, (...) sarebbe crollato il mondo (...) mi restava soltanto il dubbio della mia famiglia, (...) ho convocato le persone a cui tengo di più (...) mio padre, mia madre, mio fratello e mia moglie (...) ho confessato tutto (...) ho detto, “vado in galera, mi vado a costituire, perché credo che sia la cosa più opportuna”; e così ho fatto, (...) ho soltanto confessato la parte più drammatica, che poi era questa parte legata alla banca, lasciando tutti esterrefatti ed in lacrime, mi sono cambiato e mi sono presentato alla Caserma dei Carabinieri."

Il Campanella si è assunto la piena responsabilità di numerosi fatti, in particolare ha confermato di aver procurato la carta d'identità falsa necessaria a Provenzano per recarsi in Francia, come dichiarato dal Cusimano, ha spontaneamente ammesso la sua vicinanza ai vertici della famiglia di Villabate.

Un esempio di interrogatorio ritenuto significativo, in quanto riscontrato da dichiarazioni del Cusimano:

FC: Giovanni Nicchi, è quella persona di cui ho parlato, che mi è stata presentata con deferenza dal Mandalà (...) per l'apertura del conto corrente e poi il Billitteri mi ha raccontato il fatto che sono andati in negozio con Nicola Mandalà che gli ha regalato dei vestii per un ammontare di circa un migliaio di Euro e poi l'ho rivisto ultimamente perché accompagnato dal Colletti per la chiusura del conto (...) dopo gennaio 2005.
P.M.: Sa di dov'è questo Giovanni Nicchi?
FC: Zona Corso Calatafimi.


Il giudizio sulla sua attendibilità intrinseca viene considerato positivo.

Fonte: SOS Impresa

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