Gotha: Antonino Rotolo

Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra è noto col nome di Gotha, e si è concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata al mandamento di Pagliarelli.

Antonino Rotolo

Il Rotolo, che è considerato essere stato al tempo del suo arresto a capo del mandamento di Pagliarelli, è la figura centrale del processo Gotha.

Già nel corso degli anni '90 aveva affiancato l'anziano Matteo Motisi che era a capo del mandamento dal 1983. Nel processo Borsellino Ter si è ricostruito che già prima che l'avvicendamento fosse ufficiale il Rotolo aveva assunto il dominio di fatto, a causa delle precarie condizioni di salute del Motisi.

Inoltre il Rotolo ha avuto una influenza notevole non solo sul suo mandamento di riferimento, ma su buona parte di Palermo. Come ebbe a dire Francesco Bonura, in una conversazione intercettata: "tutto quello che ci combinano a Palermo, fare e dire, è lui! Mi sono spiegato?"

Per il mandamento di Porta Nuova il Rotolo riesce a far nominare Nicola Ingarao come reggente, stravolgendo le regole accettate, per Boccadifalco/Passo di Rigano fa in modo che ne venga messo a capo una persona a lui più gradita, Giovanni Marcianò.

Numerose conversazioni intercettate attestano che il Rotolo abbia un rapporto diretto con Bernardo Provenzano ed, in passato, anche con Francesco Pastoia, e con Matteo Messina Denaro per quel che riguardava le questioni legate alle province di Agrigento e Trapani.

L'alleanza tra il Rotolo e Antonino Cinà, reggente del mandamento di S.Lorenzo, viene considerata strategica, soprattutto in funzione della contrapposizione tra il Rotolo e Salvatore Lo Piccolo che, fino al momento del suo arresto nel novembre 2007, aveva esteso la sua zona di influenza a partire dal mandamento di Tommaso Natale in gran parte della zona occidentale della città, riducendo il potere effettivo del Cinà. Alleato del Lo Piccolo era Giuseppe Savoca, reggente del mandamento di Brancaccio.

Francesco Bonura, sottocapo della famiglia di Uditore, viene considerato molto vicino a Rotolo, attivo nel discutere problemi e strategie al pari del Cinà.

Si fa notare come Bernardo Provenzano fosse stato fino al momento del suo arresto, nell'aprile 2006, a capo della cosa nostra siciliana, con una funzione di equilibrio tra le varie componenti contrapposte. Il gran numero di elementi di primo piano che non potevano partecipare alle effettive scelte decisionali dell'organizzazioni, a causa del loro arresto, ha portato ad una situazione in cui pochi soggetti erano realmente in grado di condizionare le scelte strategiche di cosa nostra. Lo stesso Provenzano ammetteva, scrivendo a Rotolo, che su una situazione problematica come il rientro degli Inzerillo in Sicilia erano rimasti in tre: "..a potere decidere questa cosa siamo rimasti io, tu e Lo Piccolo".

L'indagine ha avuto modo di chiarire molti aspetti della recente storia di cosa nostra palermitana, fornendo informazioni sugli omicidi di Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, sulle strategie dei corleonesi nel corso della guerra di mafia, sul ruolo di Michele Greco, sul "tradimento" di Salvatore Montalto e di alcuni Inzerillo, sul fatto che il mandamento di Porta Nuova sia stato creato per essere offerto come ricompensa a Pippo Calò. Tutte notizie che sono giunte di prima mano, narrate direttamente da Rotolo e Bonura, e che confermano quanto agli atti del maxiprocesso e di altri procedimenti seguenti.

Il punto più interessante nella contemporaneità, al momento degli arresti, era la situazione che si era creata a causa della richiesta degli Inzerillo di rientrare in Sicilia. Inizialmente appoggiata da Nicola Mandalà e poi dai Lo Piccolo, aveva la netta opposizione del Cinà e di Rotolo, e aveva causato un rimescolamento negli equilibri interni di Boccadifalco, il mandamento degli Inzerillo. Si pensa che queste contrapposizioni fossero sul punto di sfociare in una nuova guerra di mafia. Un punto sottolineato dal Rotolo è che il Lo Piccolo "è figlioccio di Saro Riccobono, cioè un'altra cordata".

Nell'operare di Rotolo come responsabile di estorsioni si nota come abbia fatto giungere a una vittima di notevole prestigio il "suggerimento" di aderire ad una associazione antiracket per allontanare eventuali sospetti. Questo ricorda come in cosa nostra non si disdegna di usare ogni metodo per ottenere quelli che si ritengano essere gli scopi da perseguire.

Un importante elemento che giocava a vantaggio di Rotolo era quello di essere lui il punto di tramite obbligato per comunicare con Provenzano. Sino al gennaio 2005 questo ruolo era tenuto da Francesco Pastoia, capo della famiglia di Belmonte Mezzagno. In seguito al suo arresto e poi alla sua morte, pare che questa funzione fosse passata proprio al Rotolo.

In una intercettazione del settembre 2005 tra il Rotolo e Gaetano Sansone si scopre cosa il Rotolo pensi dell'idea di Provenzano di un triumvirato per la gestione degli affari della cosa nostra palermitana:

Rotolo: (...) per quanto riguarda la questione degli Inzerillo dato che ormai di quelli che hanno deciso questa cosa non c'è più nessuno, siamo rimasti a potere decidere questa cosa, siamo solo tre, io, tu e Lo Piccolo. Lui ha sbattuto la testa quando era piccolo! Cioè io, lui ...
Sansone: e il Lo Piccolo
Rotolo: e tutti gli altri sono stracci, immondizia. Aspetta un minuto, questa qualifica al Lo Piccolo, chi gliel'ha data? Perché il mandamento è a San Lorenzo e pure noi di qua riconosciamo a Nino, no a lui!


Fonte: SOS Impresa

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