Pasta connection

Indagine di Enrico Bellavia su Repubblica. Sarebbero 5000 i locali in mano alle mafie in Italia. Sedicimila gli addetti, un miliardo di euro all'anno il giro d'affari stimato.

A spingere le mafie a investire in questo settore è la gran quantità di contanti che girano in questo ambito, il che rende possibile il riciclaggio di denaro sporco.

Pare che in tutte le principali indagini correnti di mafia si sia trovata traccia di investimenti nella ristorazione. Nelle città maggiori la penetrazione delle mafie sarebbe al 20%.

Dei Piromalli della Piana di Gioia Tauro si sono trovati riscontri a Roma e sul Garda; i Coco Trovato da Catanzaro investirebbero a Lecco e a Milano; i Papalia di Platì a Milano; i casalesi di Iovine, dei Bidognetti e degli Schiavone a Roma e dintorni, e a Modena; gli Arena da Isola di Capo Rizzuto in Romagna; i Pesce-Bellocco di Rosarno e gli Alvaro di Sinopoli a Roma; i Morabito di Africo avrebbero controllato l'Ortomercato di Milano, e lì avevano ottenuto l'autorizzazione per il night club "For the King"; i Caruana di Siculiana stavano trattando l'acquisto di un complesso turistico a Chioggia.

Gli affari in questo settore sarebbero usati dai vari gruppi mafiosi anche come modo per stabilire dei legami: nella milanese Brera si sarebbe notato che il figlio di Tanino Fidanzati frequentava regolarmente un locale che sarebbe stato gestito da una 'ndrina della 'ndrangheta; Carmine Fasciani, in passato vicino alla banda della Magliana, era in affari con la camorra.

Un collaboratore di giustizia proveniente dalle file della 'ndrangheta ha affermato che in Germania "dove c'è pizza c'è mafia".

Se è vero che gestire un ristorante costa, è anche vero che può diventare il riferimento per una serie di affari secondari che rendono il suo peso effettivo meno sostanziale, anche in confronto ai costi del riciclaggio "classico", stimato nel 30% del capitale.

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