Nuovo colpo per Antonio 'o ninno Iovine. Se il 9 luglio dell'anno scorso gli era stata arrestata la moglie, Enrichetta Avallone, dopo che l'operazione di polizia di fine maggio aveva inflitto un duro colpo al suo clan con l'arresto di 55 associati e il sequestro di beni per un valore stimato di 80 milioni di Euro, ora tocca alla sorella, Anna Iovine di 42 anni.
Le due donne sono accusate, insieme al tuttora latitante Ernesto De Luca, di tentata estorsione aggravata nei confronti di Rosanna De Novellis, 49 anni, vedova dal '94 di Carmine Iovine e quindi cognata di 'o ninno.
La De Novellis faceva parte della struttura di comando del clan, ma era evidentemente caduta in disgrazia, pare a causa dei suoi comportamenti non considerati ortodossi dal resto del clan. Sembra avesse infatti stabilito una relazione con una persona esterna al gruppo camorrista, inoltre non sopportava il comportamento di Enrichetta Avallone, che prelevava senza pagare capi dal suo negozio di intimo.
Si decise quindi di estrometterla dalla cerchia di comando, vietandole di occuparsi del suo negozio e persino di recarsi sulla tomba del suo defunto marito.
Fonti: rainews24, corriere
La mafia non licenzia
Maurizio Spataro sta confermando nel corso in tribunale le circostanze che portarono alla eliminazione di Giovanni Bonanno, imputati Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Salvatore e Diego Di Trapani, e Giuseppe Pecoraro.
Nel novembre 2005 Bonanno, reggente di Resuttana, fu convocato alla squadra mobile, che lo mise al corrente del fatto che i principali boss palermitani lo volevano morto: erano scontenti di come gestiva i soldi delle estorsioni, non usandone abbastanza per i carcerati e le loro famiglie. Ma Bonanno non credette a quanto gli dissero, confidò allo Spataro di pensare che si trattasse di una trappola per convincerlo a collaborare.
Le frizioni tra Bonanno e altri boss mafiosi erano cominciate dopo la Pasqua di quell'anno, la sua amicizia con Sandro Lo Piccolo, con cui si vedeva spesso in un ristorante di Sferracavallo, si incrinò, fino al punto che quest'ultimo consigliò allo Spataro di non frequentarlo, in quanto inaffidabile: "davanti faceva una faccia e alle spalle poi gli piantava i chiodi". Gli venne affiancato Salvo Genova, considerato più affidabile.
Fatale al Bonanno sembra sia stato in contrasto con Mariangela Di Trapani, moglie del boss mafioso Salvino Madonia e figlia di Diego Di Trapani. Nonostante i Madonia siano tutti arrestati, sarebbero ancora saldamente al comando della loro zona storica, Resuttana per l'appunto, e nella parte occidentale di Palermo. Il Bonanno non sarebbe stato in grado di fornire alla Di Trapani i soldi che lei chiedeva per la esigenza dei Madonia.
Sul finire dell'anno si fecero insistenti le richieste di convocazione per il Bonanno che, fattosi sospettoso cercò di evitare. Ma il 9 gennaio "vennero Andrea Adamo e Tonino Lo Nigro, volevano vedere Bonanno con urgenza. Lui era a Villa Sofia, doveva parlare con un medico. Lo andai a chiamare, gli dissi che Adamo lo aspettava al bar Matranga di viale del Fante" e venne fissato un appuntamento per il mercoledì successivo.
Spataro ricorda che "il giorno prima mi chiamò, per vederci al Kuletto´s". Si tratta di un ristorante in piazza De Gasperi, tra i presenti sono citati "Antonino Di Martino, Antonio Cumbo, Mario Napoli e Salvatore Castiglione ... Giuseppe Armetta e Giuseppe Trentanelli." Fu l'ultima volta che videro il Bonanno.
Gaspare Pulizzi dichiarò a sua volta di essere stato incaricato dai Lo Piccolo di far sparire il cadavere, che seppellì nelle campagne di Carini. E mentre cercavano i resti del Bonanno, le forze dell'ordine hanno il Pecoraro ('u cagneluddu) che si crede stesse cercando di arrivare prima di loro e far sparire le ultime tracce del Bonanno.
Fonti: adnkronos, repubblica
Nel novembre 2005 Bonanno, reggente di Resuttana, fu convocato alla squadra mobile, che lo mise al corrente del fatto che i principali boss palermitani lo volevano morto: erano scontenti di come gestiva i soldi delle estorsioni, non usandone abbastanza per i carcerati e le loro famiglie. Ma Bonanno non credette a quanto gli dissero, confidò allo Spataro di pensare che si trattasse di una trappola per convincerlo a collaborare.
Le frizioni tra Bonanno e altri boss mafiosi erano cominciate dopo la Pasqua di quell'anno, la sua amicizia con Sandro Lo Piccolo, con cui si vedeva spesso in un ristorante di Sferracavallo, si incrinò, fino al punto che quest'ultimo consigliò allo Spataro di non frequentarlo, in quanto inaffidabile: "davanti faceva una faccia e alle spalle poi gli piantava i chiodi". Gli venne affiancato Salvo Genova, considerato più affidabile.
Fatale al Bonanno sembra sia stato in contrasto con Mariangela Di Trapani, moglie del boss mafioso Salvino Madonia e figlia di Diego Di Trapani. Nonostante i Madonia siano tutti arrestati, sarebbero ancora saldamente al comando della loro zona storica, Resuttana per l'appunto, e nella parte occidentale di Palermo. Il Bonanno non sarebbe stato in grado di fornire alla Di Trapani i soldi che lei chiedeva per la esigenza dei Madonia.
Sul finire dell'anno si fecero insistenti le richieste di convocazione per il Bonanno che, fattosi sospettoso cercò di evitare. Ma il 9 gennaio "vennero Andrea Adamo e Tonino Lo Nigro, volevano vedere Bonanno con urgenza. Lui era a Villa Sofia, doveva parlare con un medico. Lo andai a chiamare, gli dissi che Adamo lo aspettava al bar Matranga di viale del Fante" e venne fissato un appuntamento per il mercoledì successivo.
Spataro ricorda che "il giorno prima mi chiamò, per vederci al Kuletto´s". Si tratta di un ristorante in piazza De Gasperi, tra i presenti sono citati "Antonino Di Martino, Antonio Cumbo, Mario Napoli e Salvatore Castiglione ... Giuseppe Armetta e Giuseppe Trentanelli." Fu l'ultima volta che videro il Bonanno.
Gaspare Pulizzi dichiarò a sua volta di essere stato incaricato dai Lo Piccolo di far sparire il cadavere, che seppellì nelle campagne di Carini. E mentre cercavano i resti del Bonanno, le forze dell'ordine hanno il Pecoraro ('u cagneluddu) che si crede stesse cercando di arrivare prima di loro e far sparire le ultime tracce del Bonanno.
Fonti: adnkronos, repubblica
Etichette:
Cosa nostra
La mafia senza un capo

"Non ci sono elementi per ritenere che Matteo Messina Denaro sia l'attuale capo di cosa nostra", ha dichiarato infatti il sostituto procuratore di Palermo in occasione di una conferenza tenuta nel trapanese.
Fatto é che, se qualcuno può ambire a diventare il nuovo capo, questo é proprio Matteo "Diabolik" Messina Denaro (noto anche come 'u siccu), di cui riporto la foto diffusa dal Ministero dell'Interno che lo segnala nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità.
Il figlio di Francesco "don Ciccio" Messina Denaro faceva parte del ristretto gruppo dirigente di cosa nostra (insieme a Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Antonino Giuffrè, Giuseppe Graviano e Gioacchino La Barbera) che decise l'uso di metodi terroristici per cercare di costringere lo Stato italiano alla trattativa dopo la reazione compatta agli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il principale competitor alla successione di Bernardo Provenzano era Salvatore "il barone" Lo Piccolo, che però é stato arrestato nel novembre 2007 insieme al figlio Sandro. I personaggi che ora potrebbero ambire a contrastarlo sono Giovanni "Gianni" Nicchi (noto anche come 'u Picciutteddu - reggente del mandamento di Pagliarelli) e Domenico "Mimmo" Raccuglia ('u dutturi - boss di Altofonte) ma che al momento non sembra possano avere il suo carisma e i suoi appoggi.
Etichette:
Cosa nostra
Operazione Caiman
Anche la stidda vuole fare affari in nord Italia. Il problema é che per fare affari bisogna avere soldi, e la stidda é un po' la cenerentola delle mafie italiane, non ha i legami con le altre mafie mondiali che assicurano il flusso di cassa costante e sostanzioso che richiedono questa impostazione del business malavitoso.
Vincenzo Pistritto, 41 anni, boss di spicco della stidda gelese, pensava di aver trovato il modo di superare l'impasse, pensando di finanziarsi con rapine - a gioiellerie e portavalori - e rapimenti, e se le rapine non sono certo una novità, il ritorno alla pratica dei rapimenti desta una certa sorpresa. Pare inoltre che cercasse di stabilire una connessione con uomini legati alla SCU barese come risulta da una intercettazione ambientale pubblicata dalla gazzetta del mezzogiorno.
L'Operazione Caiman - il nome é stato dato in relazione al fatto che gli stiddari arrestati pensavano di investire i soldi ottenuti da rapine e sequestri in attività para-legali e godersi i guadagni alle isole Cayman - li ha bloccati prima che mettessero in atto il primo rapimento che avevano in programma, ai danni di Giovanni Cartia, residente della Banca Agricola Popolare di Ragusa, e considerato tra le persone più facoltose di Sicilia. Pare che fosse allo studio un secondo colpo, e la vittima predestinata fosse Vincenzo Cavallaro, noto imprenditore gelese.
A Calogero La Mantia, originario della provincia di Caltanissetta, già arrestato negli anni settanta in quanto identificato come brigatista rosso attivo nel milanese e, scontata la pena, rientrato in Sicilia, stabilendosi a Gela, pare fosse stato assegnato il ruolo di armiere del gruppo, mettendo inoltre a disposizione la sua esperienza per la raccolta di informazioni e la preparazione del rapimento.
Altri arrestati sono:
Emanuele Walter Scicolone, 56 anni
Angelo Bruno Greco, di 43 anni
Carmelo Di Pietro, 28 anni
Gaetano Graziano Russello, 27 anni
Salvatore Ganci, 26 anni
Gianluca Scollo, 23 anni
Fonti: ansa, agi, repubblica, notiziario italiano
Vincenzo Pistritto, 41 anni, boss di spicco della stidda gelese, pensava di aver trovato il modo di superare l'impasse, pensando di finanziarsi con rapine - a gioiellerie e portavalori - e rapimenti, e se le rapine non sono certo una novità, il ritorno alla pratica dei rapimenti desta una certa sorpresa. Pare inoltre che cercasse di stabilire una connessione con uomini legati alla SCU barese come risulta da una intercettazione ambientale pubblicata dalla gazzetta del mezzogiorno.
L'Operazione Caiman - il nome é stato dato in relazione al fatto che gli stiddari arrestati pensavano di investire i soldi ottenuti da rapine e sequestri in attività para-legali e godersi i guadagni alle isole Cayman - li ha bloccati prima che mettessero in atto il primo rapimento che avevano in programma, ai danni di Giovanni Cartia, residente della Banca Agricola Popolare di Ragusa, e considerato tra le persone più facoltose di Sicilia. Pare che fosse allo studio un secondo colpo, e la vittima predestinata fosse Vincenzo Cavallaro, noto imprenditore gelese.
A Calogero La Mantia, originario della provincia di Caltanissetta, già arrestato negli anni settanta in quanto identificato come brigatista rosso attivo nel milanese e, scontata la pena, rientrato in Sicilia, stabilendosi a Gela, pare fosse stato assegnato il ruolo di armiere del gruppo, mettendo inoltre a disposizione la sua esperienza per la raccolta di informazioni e la preparazione del rapimento.
Altri arrestati sono:
Emanuele Walter Scicolone, 56 anni
Angelo Bruno Greco, di 43 anni
Carmelo Di Pietro, 28 anni
Gaetano Graziano Russello, 27 anni
Salvatore Ganci, 26 anni
Gianluca Scollo, 23 anni
Fonti: ansa, agi, repubblica, notiziario italiano
Etichette:
Stidda
Calcio truccato
Dopo il suo arresto per associazione mafiosa, Marcello Trapani, avvocato dei Lo Piccolo, ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia. Da alcune delle sue dichiarazioni é nato un filone di inchiesta per indagare sull'influenza mafiosa nel campionato di calcio, fatti di cui il Trapani sarebbe informato perché era anche procuratore sportivo di diversi giocatori.
In particolare si sta indagando sulle partite Ascoli-Palermo e Palermo-Verona del campionato 2002/2003. Poco sa, o dice di sapere, il Trapani sulla seconda partita, vinta dal Palermo il 31 maggio per 2-0, mentre pare che abbia fornito dettagli più precisi sulla prima, vinta dal Palermo il 24 maggio per 1-2.
Trapani sostiene che tre giocatori dell'Ascoli sarebbero stati contattati e lautamente pagati (si parla di duecentomila euro) per dare un aiutino al Palermo. Franco Brienza, ora alla Reggina, Salvatore Aronica, ora al Napoli, e Vincenzo Montalbano, che ha lasciato il calcio professionistico, sono indagati per il fatto.
A condurre la trattativa sarebbe stato l'allora direttore sportivo del Palermo, Rino Foschi, ora al Torino, anche lui evidentemente indagato per la vicenda.
Interessante notare che i tre non giocarono la partita, in quanto pare che l'allenatore dell'Ascoli, Bepi Pillon, avesse maturato dei dubbi sul terzetto. D'altra parte Montalbano e Aronica sostengono di non aver giocato per altri motivi (infortunio e calciomercato).
Il coinvolgimento di nomi personaggi del calcio spettacolo ha portato la vicenda in primo piano, anche se sono altri gli aspetti più notevoli delle rivelazioni del Trapani. Ad esempio, Trapani ha dichiarato che il Palermo calcio forniva ai Lo Piccolo un buon di biglietti per lo stadio, alcuni di questi erano utilizzati internamente dai mafiosi, gli altri venivano girati ai bagarini legati alla cosca. Sembra anche che la mafia utilizzasse la sua influenza per decidere chi tra i calciatori delle giovanili passasse al professionismo. Più interessante ancora il racconto sugli interessi dei Lo Piccolo per i lavori del nuovo stadio. Nell'occasione fu recapitata al Foschi una testa di agnello, giusto per fargli capire cosa andava capito.
Fonti: corriere, repubblica
In particolare si sta indagando sulle partite Ascoli-Palermo e Palermo-Verona del campionato 2002/2003. Poco sa, o dice di sapere, il Trapani sulla seconda partita, vinta dal Palermo il 31 maggio per 2-0, mentre pare che abbia fornito dettagli più precisi sulla prima, vinta dal Palermo il 24 maggio per 1-2.
Trapani sostiene che tre giocatori dell'Ascoli sarebbero stati contattati e lautamente pagati (si parla di duecentomila euro) per dare un aiutino al Palermo. Franco Brienza, ora alla Reggina, Salvatore Aronica, ora al Napoli, e Vincenzo Montalbano, che ha lasciato il calcio professionistico, sono indagati per il fatto.
A condurre la trattativa sarebbe stato l'allora direttore sportivo del Palermo, Rino Foschi, ora al Torino, anche lui evidentemente indagato per la vicenda.
Interessante notare che i tre non giocarono la partita, in quanto pare che l'allenatore dell'Ascoli, Bepi Pillon, avesse maturato dei dubbi sul terzetto. D'altra parte Montalbano e Aronica sostengono di non aver giocato per altri motivi (infortunio e calciomercato).
Il coinvolgimento di nomi personaggi del calcio spettacolo ha portato la vicenda in primo piano, anche se sono altri gli aspetti più notevoli delle rivelazioni del Trapani. Ad esempio, Trapani ha dichiarato che il Palermo calcio forniva ai Lo Piccolo un buon di biglietti per lo stadio, alcuni di questi erano utilizzati internamente dai mafiosi, gli altri venivano girati ai bagarini legati alla cosca. Sembra anche che la mafia utilizzasse la sua influenza per decidere chi tra i calciatori delle giovanili passasse al professionismo. Più interessante ancora il racconto sugli interessi dei Lo Piccolo per i lavori del nuovo stadio. Nell'occasione fu recapitata al Foschi una testa di agnello, giusto per fargli capire cosa andava capito.
Fonti: corriere, repubblica
Etichette:
Cosa nostra
Pizzo palermitano
Giunge alla sentenza della cassazione il processo che vedeva imputati sia mafiosi che chiedevano il pizzo sia i commercianti che lo pagavano senza denunciare l'estorsione.
Angelo Ingrao e Antonino Glorioso, titolari del bar Mazzara, sono stati condannati a 4 mesi ciascuno per favoreggiamento.
Per motivi procedurali é stata annullata la condanna ad Antonino Rotolo (3 anni e 2 mesi), che andrà nuovamente processato. Antonino Rotolo é considerato uno degli elementi di spicco della cosa nostra palermitana, capomafia di Pagliarelli, considerato nemico dei Lo Piccolo, sarebbe parte, con Antonino Cinà e Franco Bonura, della cosiddetta triade che tentava di riorganizzare cosa nostra dopo l'arresto di Bernardo Provenzano.
13 anni e 4 mesi a Benedetto Graviano, fratello di Giuseppe e Filippo Graviano, dei Graviano di Brancaccio.
12 anni a Cosimo Vernengo, figlio di Nino u dutturi, boss della cosca di Santa Maria di Gesù
10 anni 5 mesi e 10 giorni a Giancarlo Ciaramitaro della cosca di Santa Maria di Gesù
10 anni e 4 mesi a Pietro Pilo
8 anni a Pietro Tagliavia Pieruccio, figlio di Francesco Tagliavia Ciccio Taglia, e nipote omonimo di Pietro Tagliavia, storico boss di Sant'Erasmo a Palermo; considerato un personaggio emergente in cosa nostra
7 anni a Tommaso Lo Presti della cosca di Porta Nuova
6 anni a Vincenzo Cascino
5 anni e 6 mesi a Giuseppe Galati, Pietro Mendola e Marcello Cusimano
5 anni a Giuseppe Di Pace, Benedetto Lo Verde e Gaetano Messina
4 anni e 6 mesi a Luigi Calascibetta
4 anni a Matteo Binario, Gregorio Bertolino della cosca di Santa Maria di Gesù, e Giuseppe Contorno
Fonte: agi
Angelo Ingrao e Antonino Glorioso, titolari del bar Mazzara, sono stati condannati a 4 mesi ciascuno per favoreggiamento.
Per motivi procedurali é stata annullata la condanna ad Antonino Rotolo (3 anni e 2 mesi), che andrà nuovamente processato. Antonino Rotolo é considerato uno degli elementi di spicco della cosa nostra palermitana, capomafia di Pagliarelli, considerato nemico dei Lo Piccolo, sarebbe parte, con Antonino Cinà e Franco Bonura, della cosiddetta triade che tentava di riorganizzare cosa nostra dopo l'arresto di Bernardo Provenzano.
13 anni e 4 mesi a Benedetto Graviano, fratello di Giuseppe e Filippo Graviano, dei Graviano di Brancaccio.
12 anni a Cosimo Vernengo, figlio di Nino u dutturi, boss della cosca di Santa Maria di Gesù
10 anni 5 mesi e 10 giorni a Giancarlo Ciaramitaro della cosca di Santa Maria di Gesù
10 anni e 4 mesi a Pietro Pilo
8 anni a Pietro Tagliavia Pieruccio, figlio di Francesco Tagliavia Ciccio Taglia, e nipote omonimo di Pietro Tagliavia, storico boss di Sant'Erasmo a Palermo; considerato un personaggio emergente in cosa nostra
7 anni a Tommaso Lo Presti della cosca di Porta Nuova
6 anni a Vincenzo Cascino
5 anni e 6 mesi a Giuseppe Galati, Pietro Mendola e Marcello Cusimano
5 anni a Giuseppe Di Pace, Benedetto Lo Verde e Gaetano Messina
4 anni e 6 mesi a Luigi Calascibetta
4 anni a Matteo Binario, Gregorio Bertolino della cosca di Santa Maria di Gesù, e Giuseppe Contorno
Fonte: agi
Etichette:
Cosa nostra
Operazione Isola
Nella notte tra il 3 e 4 ottobre del 2004 si é sparato a Cologno Monzese. Il bersaglio sarebbe dovuto essere Marcello Paparo, ma a venir ferito risultò Roberto Rigola, completamente estraneo ai fatti ma alla guida di una vettura dello stesso tipo del Paparo, il quale invece se la cavò con qualche altro colpo indirizzato alla macchina e alla casa. Chi avesse sparato e perché risultò inizialmente oscuro sia alle forze dell'ordine che al Paparo stesso.
Il Paparo era un imprenditore di buon successo in Brianza, con diverse aziende: come la Ytaka a Brughiero (che era entrata nel giro degli appalti per la TAV e per la realizzazione della quarta corsia della A4), la P&P a Cernusco (che aveva preso succosi appalti per conto della SMA di Segrate e la Esselunga di Biandrate), la Quality Log a Besana Brianza, l'Immobiliare Caterina a Concorezzo.
Difficilmente qualcuno avrebbe sparato a Paparo senza avere un motivo più che buono, dato che Marcello Paparo era, fino a che non é scattata l'Operazione Isola, esponente di rilievo della 'ndrina omonima di Isola di Capo Rizzuto. Ma a questa sparatoria segue nel gennaio 2005 l'incendio di un immobile di proprietà di Romualdo Paparo, un fratello di Marcello.
Il Paparo pensò che l'avvertimento gli fosse arrivato da una qualche 'ndrina rivale, gli Arena, probabilmente, e questo lo stupì non poco, dato che era stato stipulato un fruttuoso patto di non aggressione. Decise quindi di avere un chiarimento in Calabria. Si scoprirà più tardi che, come spesso accade, i problemi non venivano dall'esterno, ma dall'interno. Era stato infatti Carmelo La Porta, uomo dei Nicoscia, a cui i Paparo sono affiliati, a dargli la sveglia, per ricordargli che i soldi che guadagnava in Brianza non dovevano arricchire solo la sua famiglia, ma anche i suoi alleati.
Ma chi sono i Paparo di Cologno? A Marcello Paparo, 45 anni, capo indiscusso della famiglia, vanno aggiunti i suoi fratelli in affari:
Romualdo é il braccio destro, gestiva la "P&P" di Cernusco sul Naviglio, società specializzata nella movimentazione terra, e manteneva i contatti con le 'ndrine dei Nicoscia, Arena, Barbaro e Grillo-Perre.
Sergio era l'ambasciatore, faceva la spola tra la Brianza e Isola per tenere i contatti con le famiglie di laggiù.
Giancarlo sembra sia un tipo più sull'operativo, dato che é stato trovato in possesso di un lanciarazzi.
Salvatore non é doveva essere da meno, dato che pare fosse quello che si occupava delle intimidazioni a mano armata.
Ma c'era anche una nuova generazione di Paparo che si dava da fare, Luana Paparo, 20 anni, figlia di Marcello aveva il compito di gestire la Ytaka, una cooperativa di Brugherio che si occupava di facchinaggio, trasporti e pulizie. Michele Ciulla, fidanzato di Luana, sembra una figura secondaria, a cui venivano assegnati compiti di manovalanza criminale come le intimidazioni e aggressioni.
Il nucleo stretto dei Paparo era completato da due cognati di Marcello, Vincenzo e Pietro Guarino, e da tre nipoti che sembra avessero un ruolo minore.
Tra gli esterni, particolarmente degno di nota l'arresto di Giuseppe Russo, maresciallo della finanza, arrestato dai suoi colleghi per il suo ruolo di fiancheggiamento nei confronti dei Paparo.
Inoltre il sessantaquattrenne Carmelo Verterame, arrestato in Calabria, sarebbe stato il tramite tra i Paparo e gli Arena, oltre a non disdegnare una attività più operativa. In pratica sarebbe stato l'elemento che permetteva ai Paparo di barcamenarsi tra gli Arena e i Nicoscia, sfruttando questa posizione per fare affari fruttuosi senza essere coinvolti dalle cicliche guerre tra i due schieramenti.
I problemi tra Arena e Nicoscia sono iniziati negli anni 90. Fino a quei tempi i Nicoscia erano una 'ndrina secondaria, usati dagli Arena per i lavori sporchi. Ma le forze dell'ordine, colpendo duramente gli Arena, ruppero l'equilibrio. Nicola Arena viene condannato all'ergastolo e gli pare opportuno nominare Pasquale Nicoscia capobastone degli Arena. Ma la cosa non va giù a Francesco Arena che, appena uscito di prigione, decide di attribuirsi anche lui il titolo. Segue una lunga guerra mafiosa, con vicende alterne.
I Paparo sono una 'ndrina vicina ai Nicoscia, che si creano una visibilità grazie alla strategia di Marcello Paparo che, pur mantenendo i rapporti con i Nicoscia, riesce a stabilire relazioni d'affari con le famiglie dei Barbaro, Giordano, Perre, Bubbo ma soprattutto con gli Arena. Situazione certamente non semplice da gestire.
fonti: corriere, repubblica, il giorno, virgilio, il crotonese
Il Paparo era un imprenditore di buon successo in Brianza, con diverse aziende: come la Ytaka a Brughiero (che era entrata nel giro degli appalti per la TAV e per la realizzazione della quarta corsia della A4), la P&P a Cernusco (che aveva preso succosi appalti per conto della SMA di Segrate e la Esselunga di Biandrate), la Quality Log a Besana Brianza, l'Immobiliare Caterina a Concorezzo.
Difficilmente qualcuno avrebbe sparato a Paparo senza avere un motivo più che buono, dato che Marcello Paparo era, fino a che non é scattata l'Operazione Isola, esponente di rilievo della 'ndrina omonima di Isola di Capo Rizzuto. Ma a questa sparatoria segue nel gennaio 2005 l'incendio di un immobile di proprietà di Romualdo Paparo, un fratello di Marcello.
Il Paparo pensò che l'avvertimento gli fosse arrivato da una qualche 'ndrina rivale, gli Arena, probabilmente, e questo lo stupì non poco, dato che era stato stipulato un fruttuoso patto di non aggressione. Decise quindi di avere un chiarimento in Calabria. Si scoprirà più tardi che, come spesso accade, i problemi non venivano dall'esterno, ma dall'interno. Era stato infatti Carmelo La Porta, uomo dei Nicoscia, a cui i Paparo sono affiliati, a dargli la sveglia, per ricordargli che i soldi che guadagnava in Brianza non dovevano arricchire solo la sua famiglia, ma anche i suoi alleati.
Ma chi sono i Paparo di Cologno? A Marcello Paparo, 45 anni, capo indiscusso della famiglia, vanno aggiunti i suoi fratelli in affari:
Romualdo é il braccio destro, gestiva la "P&P" di Cernusco sul Naviglio, società specializzata nella movimentazione terra, e manteneva i contatti con le 'ndrine dei Nicoscia, Arena, Barbaro e Grillo-Perre.
Sergio era l'ambasciatore, faceva la spola tra la Brianza e Isola per tenere i contatti con le famiglie di laggiù.
Giancarlo sembra sia un tipo più sull'operativo, dato che é stato trovato in possesso di un lanciarazzi.
Salvatore non é doveva essere da meno, dato che pare fosse quello che si occupava delle intimidazioni a mano armata.
Ma c'era anche una nuova generazione di Paparo che si dava da fare, Luana Paparo, 20 anni, figlia di Marcello aveva il compito di gestire la Ytaka, una cooperativa di Brugherio che si occupava di facchinaggio, trasporti e pulizie. Michele Ciulla, fidanzato di Luana, sembra una figura secondaria, a cui venivano assegnati compiti di manovalanza criminale come le intimidazioni e aggressioni.
Il nucleo stretto dei Paparo era completato da due cognati di Marcello, Vincenzo e Pietro Guarino, e da tre nipoti che sembra avessero un ruolo minore.
Tra gli esterni, particolarmente degno di nota l'arresto di Giuseppe Russo, maresciallo della finanza, arrestato dai suoi colleghi per il suo ruolo di fiancheggiamento nei confronti dei Paparo.
Inoltre il sessantaquattrenne Carmelo Verterame, arrestato in Calabria, sarebbe stato il tramite tra i Paparo e gli Arena, oltre a non disdegnare una attività più operativa. In pratica sarebbe stato l'elemento che permetteva ai Paparo di barcamenarsi tra gli Arena e i Nicoscia, sfruttando questa posizione per fare affari fruttuosi senza essere coinvolti dalle cicliche guerre tra i due schieramenti.
I problemi tra Arena e Nicoscia sono iniziati negli anni 90. Fino a quei tempi i Nicoscia erano una 'ndrina secondaria, usati dagli Arena per i lavori sporchi. Ma le forze dell'ordine, colpendo duramente gli Arena, ruppero l'equilibrio. Nicola Arena viene condannato all'ergastolo e gli pare opportuno nominare Pasquale Nicoscia capobastone degli Arena. Ma la cosa non va giù a Francesco Arena che, appena uscito di prigione, decide di attribuirsi anche lui il titolo. Segue una lunga guerra mafiosa, con vicende alterne.
I Paparo sono una 'ndrina vicina ai Nicoscia, che si creano una visibilità grazie alla strategia di Marcello Paparo che, pur mantenendo i rapporti con i Nicoscia, riesce a stabilire relazioni d'affari con le famiglie dei Barbaro, Giordano, Perre, Bubbo ma soprattutto con gli Arena. Situazione certamente non semplice da gestire.
fonti: corriere, repubblica, il giorno, virgilio, il crotonese
Etichette:
'ndrangheta
Operazione Maremonti 2
Le famiglie colpite dall'operazione "Maremonti 2" sono la Santa Panagia, attiva nei quartieri nord di Siracusa, e la Aparo, della provincia siracusana (Floridia, Solarino e Sortino). I reati contestati sono l'associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di cocaina e hashish, la rapina, lo sfruttamento della prostituzione, il porto e la detenzione di armi.
Per procurarsi la droga da smerciare nelle rispettive aree di competenza le due bande, che si erano a tal fine alleate, utilizzavano diversi canali:
La cocaina giungeva dalla Germania sui camion di autotrasportatori compiacenti o, in caso di necessità, anche da Catania e Roma.
L'hashish in genere arrivava da Palermo.
Le rapine e lo sfruttamento della prostituzione avevano lo scopo di fare cassa immediata per poter comprare la droga.
Sono stati colpini in 28 da una ordinanza di custodia cautelare in carcere:
Antonino Alessi, 40 anni
Francesco Alota, 63 anni
Salvatore Barresi, 32 anni
Antonino Buscemi, 37 anni
Massimo Castrogiovanni, 45 anni
Paolo Costa, 62 anni
Sebastiano Costa, 37 anni
Sebastiano Costa, 31 anni
Corrado Di Maria, 28 anni
Marco Di Pietro, 31 anni
Corrado Ferlisi, 29 anni
Carmelo Freddura, 55 anni
Stefania Gravé, 27 anni
Salvatore Gregorini, 54 anni
Massimo Liggieri, 34 anni
Massimiliano Mandragona, 33 anni
Santi Misseri, 58 anni
Vincenzo Petrolo, 45 anni
Davide Pincio, 36 anni
Sebastiano Pisano, 40 anni
Giuseppe Prussiano, 33 anni
Salvatore Russo, 30 anni
Corrado Scala, 29 anni
Roberto Spugnetti, 39 anni
Alessandro Tiralongo, 30 anni
Giuseppe Tiralongo, 31 anni
Carmelo Massimo Tomasello, 39 anni
Maurizio Vasile, 40 anni
Per procurarsi la droga da smerciare nelle rispettive aree di competenza le due bande, che si erano a tal fine alleate, utilizzavano diversi canali:
La cocaina giungeva dalla Germania sui camion di autotrasportatori compiacenti o, in caso di necessità, anche da Catania e Roma.
L'hashish in genere arrivava da Palermo.
Le rapine e lo sfruttamento della prostituzione avevano lo scopo di fare cassa immediata per poter comprare la droga.
Sono stati colpini in 28 da una ordinanza di custodia cautelare in carcere:
Antonino Alessi, 40 anni
Francesco Alota, 63 anni
Salvatore Barresi, 32 anni
Antonino Buscemi, 37 anni
Massimo Castrogiovanni, 45 anni
Paolo Costa, 62 anni
Sebastiano Costa, 37 anni
Sebastiano Costa, 31 anni
Corrado Di Maria, 28 anni
Marco Di Pietro, 31 anni
Corrado Ferlisi, 29 anni
Carmelo Freddura, 55 anni
Stefania Gravé, 27 anni
Salvatore Gregorini, 54 anni
Massimo Liggieri, 34 anni
Massimiliano Mandragona, 33 anni
Santi Misseri, 58 anni
Vincenzo Petrolo, 45 anni
Davide Pincio, 36 anni
Sebastiano Pisano, 40 anni
Giuseppe Prussiano, 33 anni
Salvatore Russo, 30 anni
Corrado Scala, 29 anni
Roberto Spugnetti, 39 anni
Alessandro Tiralongo, 30 anni
Giuseppe Tiralongo, 31 anni
Carmelo Massimo Tomasello, 39 anni
Maurizio Vasile, 40 anni
Etichette:
Stidda
Truffa alle assicurazioni
Una piccola banda di truffatori, sette persone arrestate dai carabinieri di Termini Imerese con l'accusa truffa, estorsione e falso, che però contava sull'appoggio di svariati periti assicurativi, medici e semplici cittadini, per un totale di 52 persone che sono state denunciate per concorso in truffa.
Le truffe venivano prepetrate ai danni delle assicurazioni (pare che tra le compagnie colpite ci siano la Lloyd e la Milano), che si vedevano chiedere rimborsi per incidenti in realtà mai avvenuti. I coinvolti nell'affaire sono:
Silvio Napolitano, 56 anni
Domenico Napolitano, 38 anni figlio di Silvio
Giovanni Billeci, 32 anni
Santo Daniele Pampiano, 32 anni
Luigi Benedetto, 22 anni
Giovanni Battista Salvo, 33 anni agente assicurativo
Fabio Sciortino, 40 anni perito assicurativo
Le maggiori responsabilità sarebbero da attribuire ai Napolitano, Billeci e Pampiano.
Dal punto di vista del fenomeno mafioso questo fatto é interessante perchè i carabinieri sono giunti a scoprire le truffe indagando sul fatto che le cosche mafiose di Termini Imerese volevano eliminare Silvio Napolitano, in quanto costui avrebbe commesso furti in cantieri che erano sotto la protezione della mafia. Insomma, la giustizia dello Stato s'é dimostrata più rapida della venedetta mafiosa. Resta da vedere se il Napolitano non debba comunque scontare anche il suo debito con la mafia.
fonti: ansa, agi
Le truffe venivano prepetrate ai danni delle assicurazioni (pare che tra le compagnie colpite ci siano la Lloyd e la Milano), che si vedevano chiedere rimborsi per incidenti in realtà mai avvenuti. I coinvolti nell'affaire sono:
Silvio Napolitano, 56 anni
Domenico Napolitano, 38 anni figlio di Silvio
Giovanni Billeci, 32 anni
Santo Daniele Pampiano, 32 anni
Luigi Benedetto, 22 anni
Giovanni Battista Salvo, 33 anni agente assicurativo
Fabio Sciortino, 40 anni perito assicurativo
Le maggiori responsabilità sarebbero da attribuire ai Napolitano, Billeci e Pampiano.
Dal punto di vista del fenomeno mafioso questo fatto é interessante perchè i carabinieri sono giunti a scoprire le truffe indagando sul fatto che le cosche mafiose di Termini Imerese volevano eliminare Silvio Napolitano, in quanto costui avrebbe commesso furti in cantieri che erano sotto la protezione della mafia. Insomma, la giustizia dello Stato s'é dimostrata più rapida della venedetta mafiosa. Resta da vedere se il Napolitano non debba comunque scontare anche il suo debito con la mafia.
fonti: ansa, agi
Etichette:
Cosa nostra
Operazione Castoro
L'operazione Castoro ha portato all'arresto di Francesco Ieni, detto per l'appunto "Castoro", e della sua banda paramafiosa che aveva come scopo la diffusione di droga (marijuana e cocaina) nel catanese.
Per il trasporto della merce, comprata sui mercati di Amsterdam e Basilea, venivano utilizzati autobus di linea diretti a Zafferana Etnea. La droga era dissimulata in pacchi, come se fossero rimesse degli emigranti per i parenti a casa. La spaccio avveniva nei quartieri nord di Catania e nei comuni dell'hiterland catanese come Gravina di Catania e Mascalucia.
Pare dunque che la banda avesse due centri operativi, uno nel catanese, dove veniva gestito lo spaccio, e uno nel milanese, dove si provvedeva all'approvigionamento della droga. Per quest'ultima attività la banda faceva riferimento ai fratelli albanesi Granit e Shepend Palushi, mentre pare che la scelta finale sulle partite da comprare fosse operata dallo Ieni stesso.
Lo Ieni aveva cercato anche di crearsi una vera e propria serra in Sicilia, dedicata alla coltivazione della marijuana, era infatti stato beccato dalla squadra mobile catanese nel 2005 in possesso di piantine e tutta l'attrezzatura specifica, importata dall'Olanda per lo scopo.
Da notare che Francesco Ieni é figlio di Giacomo "Nuccio" Ieni, boss di spicco dei Pilleri-Di Mauro. Pare che l'idea di spacciare la droga sotto casa non piacesse molto a Ieni senior, mafioso vecchio stampo, e che quindi lo Ieni junior agisse alla sua insaputa, o per lo meno senza una sua accettazione ufficiale.
Questa la lista dei personaggi coinvolti:
Francesco Ieni, "Castoro" 27 anni
Granit Palushi, 27 anni
Shepend Palushi, "Marco" 32 anni
Francesco Alì, 27 anni
Mario Brancato, 35 anni
Giuseppe Catania, "Peppe" 36 anni
Carmelo Chiantello, "Melo" 29 anni
Salvatore Ciappazza, 27 anni
Antonino Cosentino, 30 anni
Francesco Costanzo; "Ciccio" 26 anni
Sebastiano Costanzo, "Seby" 19 anni
Antonino D’Agata, "Funcitta" 22 anni
Saverio Di Stefano, 27 anni
Giuseppe Giustolisi, "Candeggina il grande" 30 anni
Giuseppe Giustolisi, "Candeggina il piccolo" 22 anni
Giulio Guglielmini, 25 anni
Rosario Miraglia, 24 anni
Angelo Cristian Pulvirenti, 29 anni
Sebastiano Romano, "Iano" 27 anni
Davide Russo, 34 anni
Gilda Tiziana Saitta, 38 anni
Francesco Antonino Sciuto, "Checco" 24 anni
Antonino Arnaldo Tomaselli, 40 anni
Dario Valastro, 25 anni
Girolamo Barbagallo, "Ciro" 24 anni
Giuseppe Gulisano, "Testa rossa" 30 anni
Marco Capone, 35 anni
Antonino Massimo Gambitta, 32 anni
Daniele Zuccaro, "Pirocchio" 32 anni
Davide Vailati, 34 anni
Fonti: quotidiano, virgilio
Per il trasporto della merce, comprata sui mercati di Amsterdam e Basilea, venivano utilizzati autobus di linea diretti a Zafferana Etnea. La droga era dissimulata in pacchi, come se fossero rimesse degli emigranti per i parenti a casa. La spaccio avveniva nei quartieri nord di Catania e nei comuni dell'hiterland catanese come Gravina di Catania e Mascalucia.
Pare dunque che la banda avesse due centri operativi, uno nel catanese, dove veniva gestito lo spaccio, e uno nel milanese, dove si provvedeva all'approvigionamento della droga. Per quest'ultima attività la banda faceva riferimento ai fratelli albanesi Granit e Shepend Palushi, mentre pare che la scelta finale sulle partite da comprare fosse operata dallo Ieni stesso.
Lo Ieni aveva cercato anche di crearsi una vera e propria serra in Sicilia, dedicata alla coltivazione della marijuana, era infatti stato beccato dalla squadra mobile catanese nel 2005 in possesso di piantine e tutta l'attrezzatura specifica, importata dall'Olanda per lo scopo.
Da notare che Francesco Ieni é figlio di Giacomo "Nuccio" Ieni, boss di spicco dei Pilleri-Di Mauro. Pare che l'idea di spacciare la droga sotto casa non piacesse molto a Ieni senior, mafioso vecchio stampo, e che quindi lo Ieni junior agisse alla sua insaputa, o per lo meno senza una sua accettazione ufficiale.
Questa la lista dei personaggi coinvolti:
Francesco Ieni, "Castoro" 27 anni
Granit Palushi, 27 anni
Shepend Palushi, "Marco" 32 anni
Francesco Alì, 27 anni
Mario Brancato, 35 anni
Giuseppe Catania, "Peppe" 36 anni
Carmelo Chiantello, "Melo" 29 anni
Salvatore Ciappazza, 27 anni
Antonino Cosentino, 30 anni
Francesco Costanzo; "Ciccio" 26 anni
Sebastiano Costanzo, "Seby" 19 anni
Antonino D’Agata, "Funcitta" 22 anni
Saverio Di Stefano, 27 anni
Giuseppe Giustolisi, "Candeggina il grande" 30 anni
Giuseppe Giustolisi, "Candeggina il piccolo" 22 anni
Giulio Guglielmini, 25 anni
Rosario Miraglia, 24 anni
Angelo Cristian Pulvirenti, 29 anni
Sebastiano Romano, "Iano" 27 anni
Davide Russo, 34 anni
Gilda Tiziana Saitta, 38 anni
Francesco Antonino Sciuto, "Checco" 24 anni
Antonino Arnaldo Tomaselli, 40 anni
Dario Valastro, 25 anni
Girolamo Barbagallo, "Ciro" 24 anni
Giuseppe Gulisano, "Testa rossa" 30 anni
Marco Capone, 35 anni
Antonino Massimo Gambitta, 32 anni
Daniele Zuccaro, "Pirocchio" 32 anni
Davide Vailati, 34 anni
Fonti: quotidiano, virgilio
Etichette:
Cosa nostra
Operazione Senza Frontiere
Colpita dalla operazione "Senza Frontiere" i Villabate, che già si erano presi una bella legnata in seguito all'operazione "Grande Mandamento" che aveva portato all'arresto di Nicola e Antonino Mandalà, ai vertici della famiglia e molto vicini a Bernardo Provenzano.
I reati contestati ai 12 arrestati in questa occasione sono associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Il personaggio chiave sarebbe Giovanni D'Agati, che avrebbe assunto la funzione di reggente per la cosca dei Villabate, ristrutturandola in seguito alle mutate circostanze per migliorare la disponibilità economica immediata.
Il D'Agati avrebbe focalizzato le attività sull'attività estorsiva - che avrebbe fatto riferimento alle figure di Francesco Fumuso, Gioachino La Franca e Giovanni Montaperto, e il riciclaggio di denaro sporco, basato sul controllo di scommesse sportive e anche un negozio di alimentari.
Grande importanza avrebbero anche avuto le relazioni con cosa nostra americana e newyorkese in particolare, in prospettiva di un investimento di capitali sporchi in attività commerciali in USA.
Fonti: antimafia 2000, repubblica
I reati contestati ai 12 arrestati in questa occasione sono associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Il personaggio chiave sarebbe Giovanni D'Agati, che avrebbe assunto la funzione di reggente per la cosca dei Villabate, ristrutturandola in seguito alle mutate circostanze per migliorare la disponibilità economica immediata.
Il D'Agati avrebbe focalizzato le attività sull'attività estorsiva - che avrebbe fatto riferimento alle figure di Francesco Fumuso, Gioachino La Franca e Giovanni Montaperto, e il riciclaggio di denaro sporco, basato sul controllo di scommesse sportive e anche un negozio di alimentari.
Grande importanza avrebbero anche avuto le relazioni con cosa nostra americana e newyorkese in particolare, in prospettiva di un investimento di capitali sporchi in attività commerciali in USA.
Fonti: antimafia 2000, repubblica
Etichette:
Cosa nostra
Killer catanesi
La polizia é intervenuta con un provvidenziale blitz in centro a Catania, arrestando un gruppo di fuoco che si stava preparando a colpire.
Gli arrestati sono:
Pare che gli Arena controllino lo spaccio di droga nel cosiddetto Palazzo di cemento nel quartiere Librino, e c'é una certa tensione tra le bande malavitose sulla gestione di quel punto caldo della città. Ciò avrebbe portato gli Arena a passare dall'orbita dei Santapaola a quella degli Sciuto.
Nel corso degli ultimi mesi ci sarebbero almeno un paio di omicidi legati a questi fatti: Sebastiano Fichera, 26 agosto 2008, e Giacomo Spalletta, 14 novembre 2008. Entrambi elementi dei Sciuto-Tigna, lo Spalletta era considerato un pezzo grosso, vicino a Biagio Sciuto.
Fonte: La Repubblica, Virgilio
Gli arrestati sono:
- Agatino Assunto Arena, 32 anni, figlio del boss Giovanni Arena
- Giuseppe Orestano, "Pinuccio" 47 anni
- Mario Costantino, "Mario Spaghetto" 56 anni
- Nicolò Valenti, "Nicola" 49 anni, proprietario dell'abitazione dove é avvenuto l'arresto
Pare che gli Arena controllino lo spaccio di droga nel cosiddetto Palazzo di cemento nel quartiere Librino, e c'é una certa tensione tra le bande malavitose sulla gestione di quel punto caldo della città. Ciò avrebbe portato gli Arena a passare dall'orbita dei Santapaola a quella degli Sciuto.
Nel corso degli ultimi mesi ci sarebbero almeno un paio di omicidi legati a questi fatti: Sebastiano Fichera, 26 agosto 2008, e Giacomo Spalletta, 14 novembre 2008. Entrambi elementi dei Sciuto-Tigna, lo Spalletta era considerato un pezzo grosso, vicino a Biagio Sciuto.
Fonte: La Repubblica, Virgilio
Etichette:
Cosa nostra