Vito Genovese

In seguito all'arresto di Emilio Fusco il corriere del mezzogiorno ha pubblicato un interessante articolo redazionale sulla vita di Vito Genovese, che ha dato il nome alla famiglia a cui il Fusco è affiliato e che sarebbe al momento diretta da Paul DiMarco.

Ripercorrendo la sua esistenza non si può fare a meno di notare alcuni punti di contatto tra la storia di Vito Genovese e quella di Vito Corleone, il Padrino di Mario Puzo meglio noto per la trasposizione cinematografica in tre episodi diretta da Francis Ford Coppola.

Il Genovese giunge a New York con la sua famiglia nel 1913, dove si ricongiunge ad altri familiari precedentemente migrati in America. Il primo arresto è già nel 1915, per possesso illegale di arma da fuoco. Uscito, conosce Lucky Luciano e i due diventano amici stretti.

Nel 1931 Luciano organizza insieme ad altri pezzi grossi della cosa nostra newyorkese uno stravolgimento degli equilibri correnti, con l'eliminazione di Joe Masseria e Salvatore Maranzano, i nomi più grossi dell'organizzazione. Genovese partecipa assieme a Joe Adonis e Albert Anastasia all'omicidio di Joe Masseria. Luciano diventa il nuovo capo della famiglia che era di Masseria e Genovese diventa il suo vice.

Nel 1936 Lucky Luciano viene arrestato e condannato a 30 anni di prigione, Genovese diventa il reggente della famiglia. Ma l'anno successivo deve entrare in latitanza, e cerca rifugio in Italia dove assume posizioni filo-fasciste, almeno fino al 1943, quando, con lo sbarco degli americani in Sicilia, compie un veloce scambio di fronte e diventa l'interprete ufficiale del colonnello Charles Poletti. Nel 1945 la polizia militare americana scopre le infiltrazioni mafiose, e lo arresta.

Il processo si risolve però in nulla, dato che muoiono i testimoni chiave e le loro morti vengono considerate suicidi.

Nel 1959 viene arrestato e condannato a 15 anni per traffico di eroina.

Nel 1963 Joe Valachi, affiliato ai Genovese, diventa il primo collaboratore di giustizia proveniente dalle fila della cosa nostra newyorkese.

Nel 1969 Genovese muore in carcere per un attacco cardiaco all'età di 72 anni.

Arresto di Emilio Fusco

Il 30 luglio 2010 è stato arrestato nell'avellinese Emilio Fusco, affiliato ai Genovese di New York e ricercato dall'FBI per associazione criminale, estorsione e omicidio; è accusato in particolare di aver partecipato nel 2003 all'omicidio di Gary Westerman e al tentato omicidio di Frank Dadabo.

Il Fusco, 42 anni, è originario di Quindici, dove era tornato con l'idea di sottrarsi in questo modo alle ricerche della giustizia americana.

Fonti: agi, la stampa, corriere

Matteo Messina Denaro allo stadio

Matteo Messina Denaro, considerato da molti il personaggio più importante della cosa nostra siciliana correntemente in attività, sarebbe andato allo stadio Renzo Barbera di Palermo per vedere la partita dei rosanero contro la Sampdoria, decisiva per l'accesso alla Champions League.

Secondo un collaboratore di giustizia, la partecipazione all'evento sportivo del Messina Denaro sarebbe da mettere in relazione ad un vertice mafioso. Alcuni boss palermitani avrebbero chiesto di stabilire con lui una linea comune nelle operazioni, fatto che la dice lunga sull'influenza che avrebbe ormai il boss trapanese sui fatti di Palermo.

I boss palermitani sarebbero stati favorevoli al ritorno ad una politica stragista, puntando a colpire il palazzo di giustizia e la squadra mobile palermitana, e pensando anche ad una sorta di azione dimostrativa che avrebbe previsto due attentati in ogni provincia siciliana.

Il Messina Denaro avrebbe negato il suo avallo a questa politica, preferendo quindi la politica classica di cosa nostra in queste situazioni: l'immersione. Preferirebbe quindi rendere l'organizzazione meno visibile e preparare il rientro appena le circostanze lo renderebbero possibile.

Se la partecipazione al vertice sembra perfettamente plausibile, ci sono perplessità sul fatto che Messina Denaro sia effettivamente andato allo stadio, data la evidente pericolosità della situazione. Si ricorda che un elemento molto vicino a Messina Denaro, Andrea Mangiaracina, venne rintracciato e poi arrestato proprio a causa della sua passione calcistica: nel 1990 si fece intercettare per chiedere ad un fiancheggiatore di portargli in televisore, in modo da poter seguire i mondiali di calcio. Ma si ricorda anche un soprannome del boss, diabolik, che lascia intendere una certa calcolata noncuranza nell'agire rischiosamente.

Fonti: repubblica, secolo XIX

Gotha: Antonino Rotolo

Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra è noto col nome di Gotha, e si è concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata al mandamento di Pagliarelli.

Antonino Rotolo

Il Rotolo, che è considerato essere stato al tempo del suo arresto a capo del mandamento di Pagliarelli, è la figura centrale del processo Gotha.

Già nel corso degli anni '90 aveva affiancato l'anziano Matteo Motisi che era a capo del mandamento dal 1983. Nel processo Borsellino Ter si è ricostruito che già prima che l'avvicendamento fosse ufficiale il Rotolo aveva assunto il dominio di fatto, a causa delle precarie condizioni di salute del Motisi.

Inoltre il Rotolo ha avuto una influenza notevole non solo sul suo mandamento di riferimento, ma su buona parte di Palermo. Come ebbe a dire Francesco Bonura, in una conversazione intercettata: "tutto quello che ci combinano a Palermo, fare e dire, è lui! Mi sono spiegato?"

Per il mandamento di Porta Nuova il Rotolo riesce a far nominare Nicola Ingarao come reggente, stravolgendo le regole accettate, per Boccadifalco/Passo di Rigano fa in modo che ne venga messo a capo una persona a lui più gradita, Giovanni Marcianò.

Numerose conversazioni intercettate attestano che il Rotolo abbia un rapporto diretto con Bernardo Provenzano ed, in passato, anche con Francesco Pastoia, e con Matteo Messina Denaro per quel che riguardava le questioni legate alle province di Agrigento e Trapani.

L'alleanza tra il Rotolo e Antonino Cinà, reggente del mandamento di S.Lorenzo, viene considerata strategica, soprattutto in funzione della contrapposizione tra il Rotolo e Salvatore Lo Piccolo che, fino al momento del suo arresto nel novembre 2007, aveva esteso la sua zona di influenza a partire dal mandamento di Tommaso Natale in gran parte della zona occidentale della città, riducendo il potere effettivo del Cinà. Alleato del Lo Piccolo era Giuseppe Savoca, reggente del mandamento di Brancaccio.

Francesco Bonura, sottocapo della famiglia di Uditore, viene considerato molto vicino a Rotolo, attivo nel discutere problemi e strategie al pari del Cinà.

Si fa notare come Bernardo Provenzano fosse stato fino al momento del suo arresto, nell'aprile 2006, a capo della cosa nostra siciliana, con una funzione di equilibrio tra le varie componenti contrapposte. Il gran numero di elementi di primo piano che non potevano partecipare alle effettive scelte decisionali dell'organizzazioni, a causa del loro arresto, ha portato ad una situazione in cui pochi soggetti erano realmente in grado di condizionare le scelte strategiche di cosa nostra. Lo stesso Provenzano ammetteva, scrivendo a Rotolo, che su una situazione problematica come il rientro degli Inzerillo in Sicilia erano rimasti in tre: "..a potere decidere questa cosa siamo rimasti io, tu e Lo Piccolo".

L'indagine ha avuto modo di chiarire molti aspetti della recente storia di cosa nostra palermitana, fornendo informazioni sugli omicidi di Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, sulle strategie dei corleonesi nel corso della guerra di mafia, sul ruolo di Michele Greco, sul "tradimento" di Salvatore Montalto e di alcuni Inzerillo, sul fatto che il mandamento di Porta Nuova sia stato creato per essere offerto come ricompensa a Pippo Calò. Tutte notizie che sono giunte di prima mano, narrate direttamente da Rotolo e Bonura, e che confermano quanto agli atti del maxiprocesso e di altri procedimenti seguenti.

Il punto più interessante nella contemporaneità, al momento degli arresti, era la situazione che si era creata a causa della richiesta degli Inzerillo di rientrare in Sicilia. Inizialmente appoggiata da Nicola Mandalà e poi dai Lo Piccolo, aveva la netta opposizione del Cinà e di Rotolo, e aveva causato un rimescolamento negli equilibri interni di Boccadifalco, il mandamento degli Inzerillo. Si pensa che queste contrapposizioni fossero sul punto di sfociare in una nuova guerra di mafia. Un punto sottolineato dal Rotolo è che il Lo Piccolo "è figlioccio di Saro Riccobono, cioè un'altra cordata".

Nell'operare di Rotolo come responsabile di estorsioni si nota come abbia fatto giungere a una vittima di notevole prestigio il "suggerimento" di aderire ad una associazione antiracket per allontanare eventuali sospetti. Questo ricorda come in cosa nostra non si disdegna di usare ogni metodo per ottenere quelli che si ritengano essere gli scopi da perseguire.

Un importante elemento che giocava a vantaggio di Rotolo era quello di essere lui il punto di tramite obbligato per comunicare con Provenzano. Sino al gennaio 2005 questo ruolo era tenuto da Francesco Pastoia, capo della famiglia di Belmonte Mezzagno. In seguito al suo arresto e poi alla sua morte, pare che questa funzione fosse passata proprio al Rotolo.

In una intercettazione del settembre 2005 tra il Rotolo e Gaetano Sansone si scopre cosa il Rotolo pensi dell'idea di Provenzano di un triumvirato per la gestione degli affari della cosa nostra palermitana:

Rotolo: (...) per quanto riguarda la questione degli Inzerillo dato che ormai di quelli che hanno deciso questa cosa non c'è più nessuno, siamo rimasti a potere decidere questa cosa, siamo solo tre, io, tu e Lo Piccolo. Lui ha sbattuto la testa quando era piccolo! Cioè io, lui ...
Sansone: e il Lo Piccolo
Rotolo: e tutti gli altri sono stracci, immondizia. Aspetta un minuto, questa qualifica al Lo Piccolo, chi gliel'ha data? Perché il mandamento è a San Lorenzo e pure noi di qua riconosciamo a Nino, no a lui!


Fonte: SOS Impresa

Pasta connection

Indagine di Enrico Bellavia su Repubblica. Sarebbero 5000 i locali in mano alle mafie in Italia. Sedicimila gli addetti, un miliardo di euro all'anno il giro d'affari stimato.

A spingere le mafie a investire in questo settore è la gran quantità di contanti che girano in questo ambito, il che rende possibile il riciclaggio di denaro sporco.

Pare che in tutte le principali indagini correnti di mafia si sia trovata traccia di investimenti nella ristorazione. Nelle città maggiori la penetrazione delle mafie sarebbe al 20%.

Dei Piromalli della Piana di Gioia Tauro si sono trovati riscontri a Roma e sul Garda; i Coco Trovato da Catanzaro investirebbero a Lecco e a Milano; i Papalia di Platì a Milano; i casalesi di Iovine, dei Bidognetti e degli Schiavone a Roma e dintorni, e a Modena; gli Arena da Isola di Capo Rizzuto in Romagna; i Pesce-Bellocco di Rosarno e gli Alvaro di Sinopoli a Roma; i Morabito di Africo avrebbero controllato l'Ortomercato di Milano, e lì avevano ottenuto l'autorizzazione per il night club "For the King"; i Caruana di Siculiana stavano trattando l'acquisto di un complesso turistico a Chioggia.

Gli affari in questo settore sarebbero usati dai vari gruppi mafiosi anche come modo per stabilire dei legami: nella milanese Brera si sarebbe notato che il figlio di Tanino Fidanzati frequentava regolarmente un locale che sarebbe stato gestito da una 'ndrina della 'ndrangheta; Carmine Fasciani, in passato vicino alla banda della Magliana, era in affari con la camorra.

Un collaboratore di giustizia proveniente dalle file della 'ndrangheta ha affermato che in Germania "dove c'è pizza c'è mafia".

Se è vero che gestire un ristorante costa, è anche vero che può diventare il riferimento per una serie di affari secondari che rendono il suo peso effettivo meno sostanziale, anche in confronto ai costi del riciclaggio "classico", stimato nel 30% del capitale.

Operazione Santa Tecla

Sessantasette arresti a colpire principalmente il locale di Corigliano, basato nell'alto Ionio cosentino, sono il risultato dell'operazione Santa Tecla che si è svolta tra le province di Cosenza, Reggio Calabria, Foggia, Roma, Bologna, Brescia e Milano.

Tra gli arrestati vengono segnalati Mario e Franco Straface, imprenditori, fratelli del sindaco di Corigliano.

Il nome dell'operazione è stato dato in seguito al fatto che le prime indagini hanno riguardato degli incontri avvenuti a Milano, per l'appunto in zona Santa Tecla, tra elementi della banda al fine di gestire il traffico di droga da smistarsi nel nord Italia e proveniente dalla Calabria.

In appoggio alle indagini sono risultati fondamentali i contributi apportati dalle intercettazioni ambientali e telefoniche e le testimonianze rese da collaboratori di giustizia, come Carmine Alfano, cognato di Maurizio Barilari; Vincenzo Curato; Giorgio Basile; Giovanni Cimino; Antonio Cimino; Giampiero Converso e Tommaso Russo.

Fino al giorno del suo arresto, 16 luglio del 2009, a capo del locale sarebbe stato Maurizio Barilari, che era subentrato ad Antonio giravite Bruno, ucciso il 10 giugno 2009, che aveva ceduto il comando in seguito al suo precedente arresto, anche in seguito alle pressioni degli zingari di Cassano e in particolare di Franco dentuzzu Abbruzzese, che ne sarebbe a capo.

Altri elementi di spicco del locale sarebbero stati Pietro Salvatore Mollo e suo cognato Alfonso Sandro Marrazzo che avrebbero tra l'altro usato le loro connessioni con i Farao-Marincola di Cirò Marina per creare una rete parallela per lo smercio di stupefacenti.

Fonti: repubblica, giorno, corriere, asca

Il Crimine: vertice al crossdromo

Su Il Giorno vengono pubblicati nuovi dettagli relativi all'operazione Il Crimine.

Il 3 maggio 2008 si sarebbe tenuto un vertice di altissimo livello presso il circuito per motocross di Cardano al Campo, nel varesotto. Avrebbero partecipato personalmente anche elementi del calibro di Silvio Farao e Cataldo Marincola, pezzi grossi delle omonime 'ndrine di Cirò Marina.

Il motivo ufficiale della riunione sarebbe stato la promozione al grado di "crociata" di due affiliati, ma si pensa che si parlò anche dell'idea di Carmelo Novella, anch'egli presente all'incontro in quanto a capo della locale di Lonate Pozzolo, di una maggiore indipendenza della "Lombardia", ovvero il mandamento della 'ndrangheta che copre il territorio del nord Italia, dall'influenza delle 'ndrine calabresi.

La risposta a Novella fu recapitata dai killer che lo eliminarono a San Vittore Olona tre mesi dopo.

Secondo gli investigatori l'operazione Il Crimine avrebbe confermato i risultati ottenuti dalla precedente operazione Bad Boys, in particolare viene fatto notare come a personaggi calabresi rilocati in Lombardia, o di origine calabrese, si siano anche aggiunti elementi locali che avrebbero finito per coprire posti di rilievo nella locale del posto.

Gli assassini di Agostino Reina

Nel 1992 Agostino Pino buttigghiuni Reina scomparve dalla circolazione, in breve si diffuse la notizia che fosse stato eliminato, un caso di lupara bianca all'interno della divergenze tra cosa nostra e stidda, e di lui si persero le tracce.

Ora la squadra mobile di Caltanissetta, nell'ambito delle investigazioni che sono sfociate nell'operazione Mantis Religiosa, ha fatto luce sul caso e ha arrestato tre persone: il Reina, 32 anni all'epoca dei fatti e ritenuto essere uno stiddaro, venne ucciso in quanto ritenuto responsabile di atti indimidatori ai danni degli Emmanuello, ai vertici della cosa nostra gelese.

Maria Rosa la maga Di Dio, sorella di Orazio Di Dio, un affiliato di cosa nostra ucciso nel corso della guerra di mafia dell'89, e amica della moglie della vittima, è accusata di aver teso una trappola al Reina, invitandolo a incontrarsi con lei in una casa nella campagna gelese, dove invece lo attendevano i suoi sicari.

L'ordinanza di custodia cautelare coinvolge anche Davide Emmanuello, 46 anni, già detenuto, e Rocco Manfrè, 65 anni.

Il Reina, colto di sorpresa, sarebbe stato legato a una sedia, torturato e strangolato. L'esecuzione sarebbe risulta di gradimento degli Emmanuello, che si sarebbero ritenuti sfidati nell'onore dal Reina, e i fratelli Davide e Alessandro avrebbero anche offerto un premio extra agli elementi del commando omicida.

Il cadavere, poi, sarebbe stato occultato da Rocco Manfrè e Alessandro Emmanuello. Dopo due mesi, inoltre, i resti sarebbero stati nuovamente spostati, tecnica utilizzata per complicare le indagini, da Crocifisso Smorta, braccio destro di Davide Emmanuello.

Si è risalti a questa ricostruzione dei fatti grazie alla collaborazione di due ex affiliati agli Emmanuello: lo stesso Crocifisso Smorta e Fortunato Ferracane.

La gestione vera e propria dell'omicidio sarebbe stata commessa da un gruppo di persone, detti "i ragazzi dello Chantilly", tra cui sarebbero stati inclusi personaggi minorenni all'epoca dei fatti.

Fonti: Polizia di Stato, repubblica, agi/1, agi/2

Il Crimine e i Bad Boys

Gli atti dell'operazione Bad Boys sono confluiti in quelli dell'operazione Il Crimine.

Con l'operazione Bad Boys venne colpito il locale di Lonate Pozzolo, legato ai Farao Marincola di Cirò Marina. Le indagine de Il Crimine hanno mostrato che l'operazione rischio di saltare a causa di una talpa che aveva informato i boss della 'ndrangheta. Secondo gli investigatori l'appuntato Michele Berlinghieri sarebbe stato in legami di amicizia con Antonio Spinelli, un affiliato al locale di Rho, e gli avrebbe passato notizie.

Molti degli arrestati per Bad Boys lo sono stati nuovamente per Il Crimine.

Vincenzo Rispoli, 48 anni, è sospettato di essere a capo della locale di Lonate Pozzolo e, grazie anche al fatto di essere nipote di Giuseppe Farao, capobastone dei Farao Marincola, di mantenere i contatti con la 'ndrina originaria.

Emanuele De Castro, 42 anni, sarebbe il vice. Altri elementi del locale sarebbero Nicodemo Filippelli, 39 anni, fratello di Mario Filippelli, già condannato in primo grado per associazione mafiosa ed estorsione; Luigi Mancuso; Antonio Benevento; Fabio Zocchi, immobiliarista; Vincenzo Alessio Novella.

Affiliati al locare di Bollate sarebbero: Ernestino Rocca, Annunziato Vetrano e Orlando Attilio Vetrano, residenti a Saronno.

Fonti: varesenotizie, bergamonews, provincia di varese

Operazione Remetior

Venti arresti a Lecce con accuse che includono estorsione, usura, gestione di bische clandestine, detenzione di armi da fuoco e munizioni da guerra, traffico di cocaina e hashish, nel corso dell'operazione Remetior della squadra mobile di Lecce.

Salvatore Caramuscio, principale indagato, è noto per aver già subito una condanna all'ergastolo per omicidio, per aver capeggiato il clan di Filippo Cerfeda, e per la sua attività nel traffico di sostanze stupefacenti.

Le indagini sono iniziate nel 2008, in seguito al passaggio alla scomparsa del Caramuscio, resosi irreperibile dopo la sua scarcerazione per ricominciare a tessere la sua rete di alleanze con la criminalità salentina.

Nel corso dell'operazione sono stati compiuti sequestri per un valore complessivo stimato nell'ordine di mezzo milione di euro.

L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa per i seguenti nominativi:
  • Alessandro Capurossa - Capu de Bomba Ancora, 31 anni;
  • Riccardo Buscicchio, 39 anni;
  • Salvatore Scaramau Caramuscio, 42 anni;
  • Antonio Scaramau - Uno Caramuscio, 37 anni, fratello di Salvatore;
  • Vincenzo Golia Caretto, 29 anni;
  • Stefano Ciurla, 41 anni;
  • Gianni Lu Panza Dolce, 31 anni;
  • Stefano Elia, 35 anni;
  • Leandro nipote Luggeri, 32 anni;
  • Marco Malinconico, 25 anni;
  • Cosimo Due Miglietta, 25 anni;
  • Gianluca Luca - Pesciolino Pepe, 42 anni;
  • Giuseppe Muscoloso Perrone, 38 anni;
  • Salvatore Friculino Perrone, 44 anni;
  • Giosuè Gegè Primiceri, 49 anni;
  • Piero Rampino, 58 anni;
  • Simona Sallustio, 41 anni, moglie di Salvatore Caramuscio;
  • Luca Spagnolo, 27 anni;
  • Marcello Carmine Tarantino, 59 anni.

Gianluca Saponaro, 28 anni, destinatario dello stesso provvedimento, è stato ucciso il 19 giugno.

Fonti: Polizia di Stato, paese nuovo

Gotha: Giovanni Nicchi

Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra è noto col nome di Gotha, e si è concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata al mandamento di Pagliarelli.

Giovanni Nicchi

Il Nicchi è qualificato dagli investigatori come l'alter ego di Antonino Rotolo. Nonostante la giovane età - è nato il 16 febbraio 1981 - sarebbe quindi uno degli uomini più rappresentativi del mandamento di Pagliarelli.

Il padre, Luigi Nicchi nato a Palermo il 18 ottobre 1946, affiliato alla famiglia di Pagliarelli, è stato condannato all'ergastolo per omicidio. Assieme al fratello Pietro, defunto, aveva un solido legame con il Rotolo e questo ha favorito l'inserimento di Giovanni nella cosa nostra palermitana.

Il Rotolo ha più volte indicato Nicchi come suo figlioccio (e il Nicchi si rivolge a lui come suo padrino). Si legga in questa prospettiva la seguente intercettazione risalente all'ottobre 2005 in cui il Rotolo si rivolge a Giovanni Sirchia, esponente di spicco del mandamento di Boccadifalco:

Rotolo: ti dico una cosa, Gianni è mio figlioccio, però io ti dico, per me è come se fosse un figlio mio, è giusto? Quindi, è qua e sta sentendo questo discorso e tu sappi in quale considerazione io ce l'ho, è giusto? Perché, questo è nato ... io l'ho visto nascere ... l'ho visto fino a quando era tanto e poi l'ho trovato tanto. Suo padre, come si dice, sta soffrendo ingiustamente, perché sta soffrendo ingiustamente e ... disgrazie, diciamo, perché qua i processi sono così, sono muluna (...) si sta facendo il carcere con dignità, con onore, insomma e quindi ti puoi immaginare queste cose (...) E quindi ti sto dicendo, da oggi in poi, tu sappi che con Giovanni, quando parli con lui e come se parlassi con me è la stessa cosa

Quanto conti il Nicchi nella percezione degli altri mafiosi può essere desunto da intercettazioni ambientali come la seguente, dove nel febbraio 2005 Bonura e Vincenzo Marcianò parlano di un possibile canale di comunicazione tra il Rotolo e Provenzano, mediato proprio dal Nicchi:

Marcianò: Calò, stiamo facendo noi, dico per dire, diverse supposizioni per avere un'idea più chiara. Allora io dico: "può essere che c’era" ma se c'era il discorso di 'u viecchiu lui sa come deve fare caso mai per inviarci ... (...) perché lui (...) il contatto l'aveva tramite ... con Nino, ora io non so se gli è rimasto qualche contatto tramite ... il figlioccio di Nino, Gianni

Il Nicchi è colui che cura per conto di Rotolo i rapporti con la famiglia Savoca del mandamento di Brancaccio. È sempre il Nicchi ad essere incaricato dal Rotolo di affiancare i capi del mandamento di Porta Nuova
per aiutarli nella rappresentanza esterna del mandamento.

A chiarire i legami tra Nicchi e Rotolo, oltre alle intercettazioni, hanno contribuito le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio di Gati che, capo di cosa nostra per la provincia di Agrigento tra il 2000 e il 2002, proveniente dalla famiglia di Racalmuto in cui inserito già dai primi anni novanta, ha fornito informazioni sui rapporti con la cosa nostra palermitana, e in particolare con Bernardo Provenzano e Antonino Rotolo.

Ad esempio, il Di Gati ha parlato di un incontro avvenuto nel girgentino nel 2003 con emissari di Rotolo per una tentata mediazione tra lui e Giuseppe Falsone, ai tempi in concorrenza per il predominio sulla provincia. E i due mediatori erano il giovanissimo Giovanni Nicchi, allora ventiduenne, e Michele Olivieri.

In una intercettazione ambientale del maggio 2005 il Nicchi racconta a Rotolo, presente anche Ingarao, di un incontro con Antonino Mandalà, padre di Nicola, a proposito di un contatto che sarebbe dovuto avvenire tramite 'u zù Gino, forse da identificare in Gino Mineo. Nicchi mostra di avere una profonda conoscenza dei fatti relativi ai Mandalà.

Si ha anche un riconoscimento fotografico da parte di Francesco Campanella che lo ha indicato come persona presentatagli da Nicola Mandalà, che lo trattava con deferenza, arrivando a garantire per lui, in quanto personaggio importante in cosa nostra.

Mario Cusimano, collaboratore di giustizia, ha riscontrato le affermazioni del Campanella, riconoscendo anche lui il Nicchi in foto, e indicandolo come "una persona che abita al villaggio S.Rosalia e che curava gli appuntamenti tra Nino Rotolo e Nicola Mandalà, che si recava a casa del primo poiché questi era detenuto agli arresti domiciliari".

Inoltre, risultanze processuali indicano come il Nicchi fosse sia coinvolto
nella ideazione ed esecuzione di traffici di stupefacenti, sia uomo di fiducia del Rotolo, e anche parte del suo gruppo di fuoco. Questo ultimo aspetto viene illustrato da una intercettazione ambientale di una discussione tra Rotolo e Nicchi nel settembre 2005 in cui viene pianificato un omicidio:

Nicchi: questo di qua, siccome io già ... alle nove siamo là già è tutto organizzato, lo sa dov’è? Dove sta 'u Ricciu, il Milano, quello vecchio ... c'è una taverna, questo se la fa dalle cinque di sera fino alle nove e mezza dentro questa taverna, lui, il figlio 'u Grassu e un altro disonorato, il Calisi (...) tutti e tre, fino alle nove, nove e mezza, poi dopo di qua si mettono in macchina e se ne vanno. Lui arriva com'è qua, come di qua a là, c'è una viuzza che passano solo a piedi e passano dall'altra parte, uno si mette dall'altra parte e aspetta (...)
Rotolo: Con chi lo vuoi fare questo lavoro?
Nicchi: Io? Due, non abbiamo bisogno di nessuno, dobbiamo essere solo due
Rotolo: Parla piano! Due chi? Tu ...
Nicchi: Io con Enzo (...) o io e Totò e basta. Non abbiamo bisogno (...)
Rotolo: Un revolver l'uno (...) Provateli questi revolver (...) Spara sempre due tre colpi (...) Non ti avvicinare assai
Nicchi: Noo, lo so, già ne ... già ne abbiamo parlato di queste cose di qua. Ora un'altra cosa
Rotolo: Non c'è bisogno di fare troppo scrusciu (...)
Nicchi: Uno per buttarlo a terra e ...
Rotolo: ... quando cade a terra in testa e basta. Vedi che in testa poi ti può sbrizziari (...)
Nicchi: (...) scarpe ... che non c'entrano niente con quelle mie, pantaloni in cerata che appena lo tiro si strappa tutto, quello coi bottoni e un k-way in cerata, sempre col casco messo e basta!
Rotolo: E i guanti?
Nicchi: I guanti, quelli che ho io, in lattice, di lattice a tipo questi degli infermieri
Rotolo: Ma dico, hai provato (...) a tenere il revolver con i guanti di lattice?
Nicchi: Si, tutto, per vedere se mi scivola (...) Già lei mi ha spiegato ... io già questa settimana ho ... abbiamo fatto tutto
Rotolo: Poi tutto quello che hai messo, si deve bruciare o sennò si deve vurricari [seppellire] (...) Ti devi andare a chiudere, perché una traccia (...) rimane la polvere (...) eventualmente metti un poco di questo concime in un sacchetto, ne ha piante tua madre a casa? (...)
Nicchi: E... concime di capra
Rotolo: Noo, concime chimico!
Nicchi: Ah, chimico?
(...)
Nicchi: ci dà la battuta lui stesso "pum!" e ce ne andiamo! (...)
Rotolo: Il dottore non lo sa, se no me lo avrebbe detto a me, glielo dobbiamo dire noi altri, eventualmente noi facciamo collaborare (...) Mimmo Biondino il fratello di Totuccio
Nicchi: Ah, va bene, allora (...)
Rotolo: Loro si prendono i ferri, tutte cose e già le macchine pronte per andarvene
Nicchi: Va bene


Fonte: SOS Impresa

Operazione Il Crimine

Sembra che siano state le indagini partite in seguito all'omicidio di Carmelo compare Nuzzo Novella, avvenuto nel luglio 2008 a San Vittore Olona, a portare gli investigatori sull'ipotesi di un cambiamento strutturale nel modus operandi della 'ndrangheta. Il Novella aveva una funzione di raccordo tra le 'ndrine trapiantate in Lombardia e quelle che erano rimaste in Calabria, e aveva cominciato a pensare che sarebbe stato possibile recidere il legame tra i due rami, per creare una 'ndrangheta indipendente lombarda. Ipotesi di separatismo che avrebbe portato alla sua cruenta sostituzione con Giuseppe Pino Neri.

L'operazione Il Crimine, in corso oggi 13 luglio 2010, dovrebbe portare a circa trecento arresti, principalmente tra la Calabria e la Lombardia. Dovrebbero essere state colpite duramente le principali 'ndrine, tra cui i Pelle di S.Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio e i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo.

Tra gli indagati ci sarebbero anche quattro carabinieri, un ex assessore provinciale milanese, Antonio Oliviero, un assessore comunale pavese, Pietro Trivi.

Tra i documenti agli atti ci sono anche due filmati che danno l'idea di come funzioni la 'ndrangheta dei nostri giorni. Nel centro "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino" di Paderno Dugnano viene scelto dai vertici delle 'ndrine calabresi stabilite nel nord italia il "mastro generale", Pasquale Zappia, con votazione per alzata di mano. Sui monti dell'Aspromonte viene invece documentato un incontro plenario dei capi delle 'ndrine calabresi.

Dunque la 'ndrangheta non è più una associazione di famiglie indipendenti, ha invece assunto una struttura più simile a quella della cosa nostra siciliana. C'è una federazione delle 'ndrine stabilite nel nord italia, detta "La Lombardia", che ha una camera di controllo il cui scopo è curare la connessione con la costola calabrese dell'associazione a delinquere. L'obiettivo corrente de "La Lombardia" era assicurarsi appalti in occasione dell'Expo milanese, anche se il fallimento della Perego general contractor srl, società che sarebbe stata controllata da Salvatore Strangio dei Pelle Gambazza, aveva rallentato i piani. Gli investigatori stimano che sarebbero circa 500 le aziende controllate dagli affiliati lombardi alla 'ndrangheta.

Il nuovo corso della 'ndrangheta nel nord Italia, volta più agli affari che alle attività classiche della delinquenza organizzata, avrebbe inizio alla fine degli anni novanta, e il sequestro di Alessandra Sgarella sarebbe una delle ultime azioni della "vecchia" 'ndrangheta.

Da notare che nel corso dell'operazione si è anche identificata una struttura canadese, organizzata in nove locali operanti a Toronto e uno a Thunder Bay, una media città dove gli italiani sono la seconda comunità locale, che manteneva legami operativi con la Calabria.

Tra gli insospettabili arrestati a Milano si fanno i nomi di Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario dell'Asl di Pavia; Francesco Bertucca, imprenditore edile del pavese; Rocco Coluccio, biologo e imprenditore a Novara. I tre sarebbero stati organici alla 'ndrangheta sotto la direzione di Pino Neri.

Arrestato anche Domenico Oppedisano, 80 anni, che è considerato dagli inquirenti il capo della struttura calabrese. La sua carica sarebbe quella di Capocrimine, ovvero capo della Provincia, la struttura che avrebbe potere decisionale su tutte le 'ndrine. Come organismi intermedi ci sarebbero tre mandamenti, oltre a "La Lombardia" operante al nord Italia, ci sarebbero lo Ionio reggino e il Tirreno in Calabria.

La nomina di Oppedisano, esponente della omonima 'ndrina di Rosarno, sarebbe stata fatta l'anno scorso, durante il matrimonio tra figli di elementi di spicco della 'ndrangheta: Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro.

A Genova è stato arrestato Domenico Mimmo Gangemi, detto anche il boss del fagiolino, di cui si erano segnalati i tentativi di influenzare le competizioni elettorali.

Fonti: repubblica, agi, secolo XIX, stampa, sole24ore, corriere

Arresto di Elio Amato

L'11 luglio sono stati arrestati altri due latitanti degli Amato-Pagano: Elio Amato, 42 anni, e suo nipote Marco Liguori, 25 anni, che si trovavano in una abitazione sita in Villaricca, nel napoletano.

Il primo è fratello di Raffaele Amato, che era a capo del cartello fino al suo arresto avvenuto lo scorso anno, cognato di Cesare Pagano, anche lui appena arrestato. Considerato ai vertici degli scissionisti, si dice che sarebbe stato destinato a essere lui a capo dell'organizzazione malavitosa.

Il Liguori è considerato essere un pericoloso killer e si dice che si sia addestrato all'uso delle armi anche in Bulgaria, dove sarebbe stato individuato mentre si esercitava all'uso di fucili ad altra precisione in poligoni di tiro.

Fonti: agi, ansa, mattino, repubblica

Gotha: Cancemi e Parisi

Dalla sentenza di rito abbreviato del processo che, avendo colpito i vertici di cosa nostra è noto col nome di Gotha, e si è concluso con l'udienza del 21 gennaio 2008 presso il tribunale di Palermo. Parte dedicata al mandamento di Pagliarelli.

Carmelo e Giovanni Cancemi

Si ritenere che Carmelo Cancemi, nato a Palermo nel 1942, ed il figlio Giovanni, nato a Palermo nel 1970, siano pienamente inseriti nel mandamento mafioso di Pagliarelli.

Da due conversazioni intercettate nel febbraio e nell'agosto 2005 si evince che i Cancemi svolgono una attività imprenditoriale controllata da cosa nostra. Antonino Rotolo, a capo del mandamento di Pagliarelli, avvantaggia così apertamente i Cancemi, facendo in modo che si aggiudichino appalti pubblici e privati, al punto che Francesco Bonura interviene per chiedere che si lasci spazio anche ad altri. In una telefonata i due stanno parlando di tale cugino di Marcianò:

Rotolo: ... stiamo mettendo un po' di regole, per quelli scaltri, come, appunto, il cugino di Marcianò ...
Bonura: Ma tutta questa scal... per me è stupido
Rotolo: Eh, sembra stupido ma intanto è scaltro
Bonura: È stupido, cretino e sempre in mezzo alla strada ...
Rotolo: Però ... lo sai che cosa ...
Bonura: Piglia e si leva di in mezzo ai coglioni
Rotolo: Ma tu lo sai che cosa fa? Combina danno!
Bonura: Questo ... per ignoranza è capace di farlo


Poi il discorso si sposta sui Cancemi:

Bonura: Cancemi ... da tutte le parti lo state mandando
Rotolo: Da tutte le parti dove?
Bonura: Dovunque c'è Cancemi, dovunque c'è Cancemi, dico, state attenti perché lo bruciate secondo me
Rotolo: Lo bruciamo, ma quelli fanno questo lavoro, quelli vanno girando ...
Bonura: Nì ...
Rotolo: Loro vanno girando... loro vanno girando per cercarsi...
Bonura: Nino ...
Rotolo: Ma intanto com'è, non lavorano, tu dici vanno girando
Bonura: (ride) Minchia, io so che lavora. Da tutte le parti c'è Cancemi


Ulteriori risultanze processuali provano che costoro sono inseriti nella rete di fiancheggiatori di Antonino Rotolo, fanno da intermediari nella comunicazione con altri soggetti mafiosi, tra cui Bernardo Provenzano, risultano coinvolti nella preparazione di omicidi, nell'occultamento e nella conservazione delle armi del mandamento.

Per quanto riguarda il loro ruolo di armieri, risultano interessanti due intercettazioni ambientali eseguite nel settembre e nell'ottobre 2005. La prima è relativa ad una discussione che coinvolge Rotolo, Nicchi e Giovanni Cancemi, la seconda Rotolo e Carmelo Cancemi.

Giovanni Cancemi viene istruito su come provare le armi:

Rotolo: Oddio... chiama a Giovanni
Nicchi: Giovanni!
Rotolo: Si dovrebbero provare ... Provare significa un caricatore tum, tum, tum per vedere se si inceppa ... hai capito?
...
Rotolo: ... in una cava e le vai a provare ... anche da questo Giovanni, al Parco, no?
Cancemi: È sulla strada
Rotolo: E io non lo so dov'è... a Bellolampo
Cancemi: Poi vediamo
Rotolo: Va bene ... glieli fai avere a lui ... sempre poi le pulisci, è giusto? Chi è che li maneggia ... vi saluto
Cancemi: Quindi si provano uno per uno, è giusto?
Rotolo: Sì ... uno e uno!


Carmelo Cancemi spiega come intende provare le armi:

Rotolo: Sii, ma servono.
Cancemi: Lo so che servono ... però ora cominciano i tuoni, come sento i primi botti io ad uno ad uno io li metto a provare tutte. Perché ce ne qualche sei da provare non è che ti pare che è una sola ...
Rotolo: No. Ma tu ne devi provare due.
Cancemi: Ma io col tem... ora cominciano i tuoni e le provo tutte io!
Rotolo: Ah! Certo.
Cancemi: Le provo tutte ... ora come cominciano i tuoni che si confonde l'idea.
Rotolo: I cosi li hai? I colpi..
Cancemi: Sì ci sono.
Rotolo: Mhm!
Cancemi: Ci sono qualche centinaio ci sono.
Rotolo: Mhm! Ecco li provi, perché se quello te li viene a domandare, poi che fa mi... Può essere che questa settimana te le viene a chiedere.
Cancemi: Eh! Ma io se lui mi avvisa una giornata prima ... io pure un giorno prima gliele faccio trovare. Le metto la in mezzo al giardino ...
ROTOLO: Eee... e se passa una macchina lo capiscono?
Cancemi: No non ti preoccupare. Io ne sparo una ogni minuto eventualmente. Uno ogni minuto. Non è che devo fare "tu, tu, tu, tu, tu". Uno "boom", e mi fermo riprendo "tu" e mi fermo, "Boom" e mi sposto di cento metri in mezzo al giardino.
Rotolo: Tu puoi fare una cosa, avvolgila, avvolgici una pezza
Cancemi: Dentro la scatola lo faccio io ... questo ... dentro la scatola di scarpe e io mi infilo la mano nel buco, quando io sparo e si sente il boom, boom proprio adagio. Lo hai capito? Mi metto il guanto quello fino io
Rotolo: Sì!
Cancemi: ... e dentro la scatola, faccio il buco e lui si sente: "Pum". Così lo soffoco ... lo soffoco.
Rotolo: L'importante è che ...
Cancemi: No. Si sente ... Tipo questi tuoni piccolini, piccolini proprio questi, così si sentono "pum, pum, pum". Si sentono. Quindi a distanza di cinquanta metri neanche si sentono se il caso ... dentro la scatola delle scarpe ...


In una conversazione tra Carmelo Cancemi e il Rotolo, intercettata nell'ottobre 2005 si parla di stratagemmi per evitare la detenzione:


Rotolo: Ti devi organizzare come ho fatto io... a me non è arrivato il definitivo ... Ora mi hanno fatto l'udienza e mi hanno dato un anno e mezzo di detenzione domiciliare, tu quanto ti sei fatto?
Cancemi: Io quattro mesi
Rotolo: La condanna è?
Cancemi: Quattro anni e mezzo
Rotolo: Dio non voglia che la confermano ... capito? Con i documenti ... però che noialtri dobbiamo fare ... tu devi fare ricorso ...
Cancemi: Ora nuovamente ci devo andare, il mese prossimo
Rotolo: Ora ti devi far fare il "coso" della testa, ora io ti organizzo questa cosa in modo che, Dio non voglia, ti danno il definitivo ... le cose della vita non si possono ...
Rotolo: ... noialtri prepariamoci, le cose della vita non si possono sapere, perchè ti arrestano ...
Cancemi: Lo so
Rotolo: Allora, uno presenta i documenti e vede ... (abbassa ulteriormente la voce) non ti scordare che nel caso sei a Pagliarelli, me lo fai dire ... una volta che ti arrestano, se ti portano... facciamo corna ...
Cancemi: Esatto
Rotolo: Per ora facciamo finta ... perché là il direttore sanitario ... si ci può parlare, hai capito? Poi me la sbrigo io da qua... perché ... me la sbrigo io
(...)
Rotolo: Si devono fare dei ricoveri dove ti dico io
Cancemi: Esatto
Rotolo: Il dottore per la testa... ti deve visitare, quello Scrima
Cancemi: E gli scrive più pisantuliddu (aggravando)
Rotolo: Te la faccio fare dall'ospedale, hai capito? Ora a lui appena viene lo mando a chiamare al Cervello, tu te ne vai al Cervello, ti fai fare la visita bella sistemata ...
Cancemi: Loro devono ncalcare (aggravare) ...
Rotolo: Esatto... tu non devi dire niente, tu devi andare dove ti mando io e non devi parlare, devi dire che ti senti male, ti gira la testa... lui stesso ti dirà: ma lei ha questo? Si sente questo? E ti fa fare gli esami. Mi sono spiegato? E scriviamo... ma ora però. Tra un mese nuovamente. Documentazione...


Secondo Rotolo il direttore sanitario della casa circondariale di Pagliarelli sarebbe una persona con la quale si poteva parlare, e lasciava intendere di poter disporre di un neurologo, tale Scrima, dell'ospedale Cervello. Da come parla, il sistema sarebbe sperimentato.

Nell'ottobre si determina che Giovanni Cancemi è presente alla riunione in cui viene pianificato il secondo intervento di Rotolo nell'organizzazione del mandamento di Porta Nuova, in seguito all'arresto di Nicola Ingarao. Nicchi e Rotolo parlano inoltre liberamente in presenza di Giovanni Cancemi delle strategie criminali che intendono mettere in opera, come in questo caso, in cui vogliono danneggiare degli esercenti cinesi per convincerli a sottostare al pagamento del pizzo.

Nicchi: ... da giovedì prossimo in tutta Palermo, gli facciamo danno ai cinesi (...) perché quelli che hanno aperto da noi, due volte gliel'ha fatto Francuzzu e due volte gliel'ho fatto io (...) giovedì notte, in tutta Palermo, il corso Dei Mille, tutti! Mettiamo l'attack, in tutti, in tutti i negozi che ci sono! Giovedì notte!

Angelo Rosario Saro Parisi e Pietro Parisi

Si registrano passaggi di ingenti somme di denaro fra Giovanni Cancemi, Angelo Rosario Parisi e Antonino Cinà che non trovano spiegazione in una causale lecita ma che sembrano riconducibili ad affari che hanno come protagonisti Rotolo e Cinà e come intermediari Cancemi e Parisi. Il Parisi viene segnalato quasi tutti i giorni presso l'abitazione del Rotolo. Gli viene attribuito un ruolo di scorta presso il luogo della riunione di alcuni partecipanti, di assistenza organizzativa al Rotolo per gli incontri, e di gestione delle comunciazioni tra gli affiliati. È anche uno dei pochi individui a cui il Rotolo confida il suo progetto di assassinare Salvatore Lo Piccolo.

A Pietro Parisi si contesta il suo ruolo di prestanome per il Rotolo e di aver messo a disposizione di cosa nostra gli uffici della sua società Edilizia 93 per incontri tra affiliati, come Carmelo Cancemi, Antonino Rotolo, Nicolò Ingarao e Giovanni Nicchi. Inoltre ha partecipato alla vicenda della sponsorizzazione della candidatura alle elezioni comunali di Marcello Parisi.

Fonte: SOS Impresa

Arresto di Cesare Pagano

Cesare Pagano, 42 anni, che era uno tra i principali latitanti ricercati, è stato arrestato in una villetta posta tra Licola e Varcaturo, a poca distanza dalla spiaggia, dove si trovava assieme a due fiancheggiatori, il nipote Carmine Angioletto, anch'egli latitante, e il genero.

Dopo l'operazione C3 e l'arresto di Antonio Bastone sarebbe stato lui a capo degli Amato-Pagano noti anche come gli scissionisti.

I legami di consanguineita all'interno del clan sono molto stretti: Cesare è fratello di Vincenzo Pagano, e sua sorella Ermelinda Pagano, è la moglie di Raffaele Amato.

Fonti: repubblica, corriere, reuters

Amato-Pagano global

Interessante articolo a firma Viviana Lanza sul Mattino a proposito dei riscontri ottenuti dagli investigatori sull'attività degli Amato-Pagano (noti anche come gli scissionisti di Scampia, o di Secondigliano, o anche come gli spagnoli - e si capirà meglio il come mai dell'ultimo soprannome in questo post) in seguito alle indagini susseguenti allo svolgimento dell'operazione C3 che nel maggio 2009 ha duramente colpito questo cartello criminale.

Gli Amato-Pagano avrebbero stabilito un proprio centro operativo in Spagna, tra Barcellona e la Costa del Sol, già prima della feroce guerra con la componente rimasta fedele al boss originale, Paolo Di Lauro. Lì gli Amato-Pagano avrebbero integrato elementi spagnoli e nordafricani, a quanto ha detto il collaboratore di giustizia Andrea Parolisi, focalizzandosi soprattutto nel traffico di armi e sostanze stupefacenti.

Elementi provenienti dalla costola spagnola degli Amato-Pagano sarebbero stati utilizzati nel corso della faida, contando sul vantaggio di essere ignoti alla polizia e ai rivali.

Ma, secondo il collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri, persino nei momenti più duri dello scontro armato, sarebbe valso una sorta di salvacondotto nei confronti dei figli di Paolo Di Lauro che hanno continuato a muoversi indisturbati senza temere attentati.

Arresti Bianco - Iadonisi

Con l'esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare a carico di 24 persone, si sono colpiti i clan contrapposti dei Bianco e degli Iadonisi. Le accuse variano dall'omicidio, al riciclaggio, alla associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga. Tra i destinatari del provvedimento si segnala Antonio Bianco, 58 anni, che sarebbe stato a capo dei Bianco.

Lo scopo dell'operazione è stato quello di colpire la criminalità organizzata attiva nel quartiere napoletano di Fuorigrotta. I due clan, attivi entrambi nella stessa zona, avrebbero iniziato una faida con l'omicidio di Salvatore Staiano, che gli inquirenti attribuiscono a Cosmo Iadonisi e Ciro Mercurio, che avrebbe portato al susseguente tentato omicidio di Antonio Volpe.

Le indagini avrebbero evidenziato la collaborazione tra gli Iadonisi e una banda di trafficanti spagnoli, e una vasta rete per la distribuzione di stupefacenti sul territorio nazionale.

Fonti: adnkronos sul tempo, roma

Omicidi di Michele Romito e Leonardo Clemente

Si suppone che entrambi gli omicidi, compiuti a distanza di pochi giorni a Manfredonia, siano da ricondursi alla faida del Gargano.

Michele Romito, 23 anni, è stato ucciso il 27 giugno mentre era in macchina con lo zio Mario Luciano Romito, che è stato lievemente ferito. Michele era figlio del presunto capo dei Romito, Franco, che è stato assassinato il 21 aprile 2009 assieme al suo autista Giuseppe Trotta.

Leonardo Clemente, 34 anni, indicato come esponente dei Libergolis e nipote di Francesco Ciccillo Li Bergolis caduto nell'ottbre scorso, è stato ucciso il 30 giugno davanti al Bar dello Sport.

Fonti: ansa, ansa, corriere, repubblica, gazzetta del mezzogiorno

Arresto di Alberto Sia

Il 2 luglio 2010 Alberto Sia è stato fermato a Soverato Alberto Sia, 26 anni, accusato di essere il mandante dell'omicidio dei fratelli gemelli Vito e Nicola Grattà. I due sono stati assassinati l'11 giugno scorso, secondo l'accusa, per vendicare l'uccisione di Vittorio Sia, padre di Alberto, avvenuta il 22 aprile.

Oltre al Sia, sono stati arrestati Patrik Vitale, 26 anni, e Giovanni Catrambone, 22 anni, che avrebbero partecipato alla ideazione ed all'esecuzione del duplice omicidio.

Tra gli elementi che hanno fatto ritenere opportuno operare il fermo, ci sarebbe una intercettazione ambientale in cui, tra l'altro, il Sia diceva al Vitale "devo passare da là incappucciato e farlo fringuli fringuli", riferendosi probabilmente ad un altro possibile omicidio.

Si tratterebbe di un episodio della cosiddetta faida dei boschi che sarebbe nata a inizio anno tra il basso jonio catanzarese, le Serre vibonesi e la Locride per questioni di predominio territoriale.

Fonti: ansa, agi, ansa, soverato web

Arresto di Umberto Onda

Umberto Onda, 38 anni, considerato il reggente dei Gionta di Torre Annunziata, latitante dal 2007 e inserito nella lista dei 100 ricercati più pericolosi, è stato arrestato il 28 giugno 2010 mentre scendeva da una traghetto nel porto di Brindisi.

Pnede nei suoi confronti una condanna in primo grado a 17 anni per associazione mafiosa, omicidio, rapina, ricettazione e altro. Vi sono inoltre altre due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nel 2008 e 2009 per associazione mafiosa, estorsioni e droga.

Si pensa che abbia trascorso almeno parte della sua latitanza in Grecia.

Fonti: mattino, corriere, repubblica

I latitanti di massima pericolosità

La lista dei latitanti di massima pericolosità selezionati dal Gruppo Integrato Interforze potrebbe includere trenta individui. Ma, ormai da tempo, i posti resi vacanti dagli arresti effettuati dalle forze dell'ordine non vengono coperti con nuove segnalazioni.

(Vedi anche: aggiornamento al 2012)

Così, al momento, sono solo 17 i latitanti indicati in questo elenco:

Vito Badalamenti: elemento di spicco di cosa nostra, figlio di don Tano, non si hanno notizie sul suo conto se non vaghe supposizioni sul fatto che possa essere basato in Brasile o Australia.
Domenico Condello: Mico, 'u pacciu, sarebbe capobastone della 'ndrina dei Condello, una tra le più influenti della 'ndrangheta.
Antonio Michele Varano: riconducibile alla 'ndrangheta. Arrestato dalla giustizia svizzera nell'ambito della Montenegro Connection ma, secondo quanto riportato dal corriere del ticino, l'8 luglio 2009 è stato scarcerato. Il 21 maggio 2010, secondo quanto riportato dalla radio svizzera, è stato condannato a un anno di reclusione e 2000 euro di multa per ricettazione, falso ideologico e materiale dal tribunale di Como per un episodio risalente al dicembre del 2007, quando venne fermato dalla polizia luganese e trovato in possesso di una carta di identità con la sua foto ma le generalità dal cugino Alfio Mazzoni, residente a Olgiate Comasco. Si assume che sia ancora residente nel canton Ticino.
Giovanni Arena: era un elemento di spicco della cosca della cosa nostra catanese dei Santapaola, ma sarebbe passato ai Sciuto-Tigna.
Francesco Matrone: nel 2007 fece sapere al quotidiano metropolis di non gradire di venir chiamato con il soprannome di Franchino 'a belva in quanto la seconda parte sarebbe da lui recepita come offensiva. Continuerebbe a mantenere la sua influenza a Scafati.
Attilio Cubeddu: noto per la sua attività nel mondo dei sequestri di persona, latitante dal 1997, secondo alcuni sarebbe morto.
Antonio Iovine: elemento di spicco del gruppo camorrista dei casalesi. Roberto Saviano ha recentemente chiesto a Francesco Schiavone, capo dei casalesi all'ergastolo, dalle pagine di repubblica, di invitarlo a consegnarsi alla giustizia. Saviano ipotizza che la fedeltà allo Schiavone da parte di Iovine (e Zagaria) sia a rischio, se non già definitivamente compromessa. Aggiornamento: arrestato il 17 novembre 2010.
Cesare Pagano: In seguito ai devastanti effetti dell'operazione C3, sarebbe diventato il responsabile del cartello camorrista degli Amato-Pagano, noti anche come gli scissionisti di Scampia. Aggiornamento: arrestato l'8 luglio 2010.
Giuseppe Giorgi: esponente della potente 'ndrina della 'ndrangheta dei Pelle-Vottari, specializzato in ecomafia. Nel febbraio 2009 sarebbe stato vicino alla cattura, quando la polizia ha scoperto a San Luca un appartamento usato per coprire, secondo quanto riporta melito online, proprio la sua latitanza.
Marco Di Lauro: figlio dello storico capo camorrista Paolo, del clan Di Lauro, di cui sarebbe ora al comando. Di recente, secondo quanto riporta l'ansa, è stato sequestrato il libro mastro dei Di Lauro, a casa di tale Angelo Zimbetti, 35 anni, seguendo una indicazione del collaboratore di giustizia Carlo Capasso, che già aveva indicato in Cosimo e Marco Di Lauro i mandanti dell'omicidio di Attilio Romanò, che sarebbe stato eseguito da Mario Buono che avrebbe sbagliato bersaglio. In un solo mese gli utili del clan camorrista ammonterebbero alla spropositata cifra di quasi novecentomila euro.
Matteo Messina Denaro: Diabolik è considerato tra i criminali più pericolosi al mondo. Figlio di don Ciccio, già capo del mandamento di cosa nostra di Castelvetrano. Il fatto che le forze di polizia italiane puntino molto sul suo arresto sembra dimostrato dalla recente taglia di un milione e mezzo di euro che, secondo quanto riporta l'espresso, i servizi segreti offrono in cambio di informazioni sul suo conto.
Gerlandino Messina: sarebbe tuttora a capo della famiglia di Agrigento. Il recente arresto di Giuseppe Falsone lo avrebbe fatto crescere nell'organigramma di cosa nostra.
Giovanni Motisi: è tra gli esponenti di cosa nostra di cui si sa di meno, anche all'interno dell'organizzazione stessa. Il suo nome viene fatto soprattutto in relazione al fatto che è inserito in questa lista. Ad esempio il giornale di sicilia ne parla in relazione all'arresto di Falsone per citarlo tra i mafiosi siciliani di maggior spicco, a fianco degli altri nomi di qui si parla qui e di Antonino Lauricella, 56 anni, che sarebbe a capo della famiglia di cosa nostra basata nel quartiere palermitano della Kalsa.
Sebastiano Pelle: nipote di Antonio gambazza Pelle, elemento di spicco della 'ndrangheta.
Pasquale Scotti: camorrista, legato ai tempi alla Nuova Camorra Organizzata di Cutolo. Da tempo non si hanno sue notizie. Alcuni sostengono sia morto.
Michele Zagaria: l'altro elemento di spicco dei camorristi casalesi, assieme allo Iovine, ancora in libertà.
Mario Caterino: camorrista dei casalesi, vicino a sandokan Schiavone, è il probabile reggente della fazione dei casalesi. In un articolo pubblicato sul corriere del mezzogiorno si legge l'analisi del procuratore aggiunto della DDA di Napoli, Cafiero de Raho, che stima essere i casalesi in affanno dopo i colpi ricevuti da diverse operazioni di polizia. Importanti sarebbero ad esempio gli arresti di Nicola Panaro e Nicola Schiavone.
Delle quattro principali correnti dei casalesi, quella dei Bidognetti sarebbe quella con più problemi, mentre le altre tre avrebbero comunque i loro riferimenti (Caterino, Zagaria, Iovine) capaci di gestire la situazione.

Arresto di Sergio Pezzati

Sergio Pezzati (o Pezzatti), commercialista luganese 47 anni, è stato arrestato dall'FBI su mandato della procura di Brooklyn all'aeroporto JFK di New York mentre era in attesa di un volo che lo avrebbe riportato in Svizzera.

Si sospetta che sia contiguo alla 'ndrangheta e che abbia avuto un ruolo centrale in una complessa attività mirante al riciclaggio di denaro sporco e alla frode fiscale.

Pochi giorni prima l'operazione Point Break dei carabinieri di Modena e del Gico di Bologna aveva portato alla cattura di elementi considerati parte della famiglia Arena di Capo Rizzuto: i fratelli Pelaggi, Paolo di 36 anni, Davide di 42 e Emanuele di 48; Giuseppe Manica, 47 anni; Fiore Gentile, 26 anni; mentre al fratello di Fiore, il trentenne Tommaso, il mandato di custodia cautelare è stato recapitato in prigione, dove era già ristretto. I fratelli Fiore sono figli di Francesco, arrestato nel 2009, e considerato anche lui membro della 'ndrina degli Arena.

Nell'ambito della stessa indagine sono stati identificati altri 25 indagati per reati finanziari.

L'indagine aveva preso l'avvio nel 2006 in seguito ad un attentato dinamitardo compiuto nei confronti dell'agenzia delle entrate di Sassuolo, che sarebbe stata commissionata dal Paolo Pelaggi al fine di mandare un segnale intimidatorio nei confronti di una verifica fiscale.

Fonti: ticino online, leggo

Arresto di Giovanni Grimaldi

Giovanni Grimaldi, 67 anni, ritenuto il reggente del clan Grimaldi, é stato arrestato assime al genero Francesco Vigilia, 38 anni.

I due latitanti erano in un seminterrato nel quartiere Pianura di Napoli. Si sta accertando la posizione della donna che aveva preso in affitto i locali.

I due erano scampati all'operazione che nel maggio scorso aveva colpito i Grimaldi, portando all'arresto di 12 elementi ritenuti farne parte.

Fonti: mattino, ansa

Arresto di Giuseppe Falsone

Il 25 giugno 2010 è stato arrestato a Marsiglia Giuseppe Falsone, 40 anni, inserito nell'elenco dei trenta latitanti italiani di massima pericolosità, nel corso di una operazione congiunta tra la squadra mobile di Agrigento, quella di Palermo e allo Sco.

Si pensa si sia sottoposto a svariati interventi di chirurgia plastica, al fine di rendere più difficile la sua identificazione, ipotesi che sembra confermata dal confronto diretto tra come appariva nelle foto segnaletiche e come appare adesso - vedi questo servizio fotografico de la Stampa.

Noto anche come il ragionere, è considerato molto vicino a Bernardo Provenzano, è figlio di Vincenzo Falsone, capo mafia storico e caduto nel corso della guerra di mafia tra stidda e cosa nostra, ed era ricercato dal 1999 per mafia, omicidio, estorsioni, traffico di droga e gestione illecita di appalti.

Avrebbe disponibilità su di un notevole patrimonio, tanto che tre mesi fa, nel corso dell'operazione Apocalisse, vennero sequestrati beni e società a lui riconducibili per un valore stimato circa 30 milioni di euro.

Giuseppe Sardino, ex consigliere comunale a Naro, non lontano da Canicattì, suo braccio destro e vivandiere prima di essere arrestato e diventare in seguito collaboratore di giustizia, diceva che il Falsone "gira rigorosamente armato, non si separa mai da palmare e pc portatile. E nella ventiquattrore porta la bibbia e testi di filosofia". Nell'inchiesta che portò all'arresto di Sardino risultò che un alto esponente della polizia giudiziaria avrebbe fornito informazioni al Falsone, per il tramite dell'avvocato Luisa Maniscalchi.

Il 2 luglio, secondo quanto riferisce reuters, la giustizia francese ha dato via libera alla procedura di estradizione del Falsone in Italia.

Fonti: reuters, corriere, stampa, repubblica